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L. Gianformaggio, La soggettività politica delle donne: strategie contro
in Filosofia e critica del diritto, 1995, (pp. 155-173)



Una scheda di lettura

In che senso le donne sono, possono o debbono essere soggetti della politica? E quali problemi sono posti dalla soggettività politica delle donne? A queste domande, spiega la Gianformaggio, si deve rispondere diversamente a seconda che si faccia riferimento a due distinte dimensioni della politica.
La dimensione che definisce orizzontale è quella della partecipazione (cittadinanza) e della rappresentanza.
La dimensione verticale è invece legata all'idea di potere (e di stato).
Nel primo senso la soggettività politica pertiene alle "donne in quanto donne", nel secondo senso è invece una "problematica di genere"; la parte più ampia di questo articolo è riservata alla trattazione della soggettività politica orizzontale.

Essere cittadini significa avvertire l'esigenza di presentarsi sulla scena pubblica. Così, l'emergere di nuovi soggetti politici implica la richiesta di riconoscimento pubblico per una serie di bisogni, e la comparsa di nuove modalità di azione a tutela di tali bisogni e interessi. Le donne sono un soggetto nuovo in questo secondo senso, ovvero sono diverse e non semplicemente arrivate dopo.

La sfera pubblica è il luogo in cui si diventa visibili. Le donne sono escluse dalla questa sfera, dove i diversi sono uguali. Perché possano diventare soggetti è necessario che propongano il proprio sguardo sul mondo, e che possano poi dialogare con sguardi tra loro diversi e non semplicemente opporsi a quello omologante dell'uomo-massa.

Le donne, comunque, sono pervenute alla politica. Dov'erano prima? Esse erano nella sfera privata, di cui la Gianformaggio traccia due configurazioni:
1. il privato domestico. Secondo questa prima, l'ingresso delle donne nel pubblico significa l'uscita dalla casa, intesa come il luogo in cui si stabiliscono le relazioni interpersonali e come la sfera naturale dei bisogni. "Nella sfera politica al di fuori della casa, al di là della sfera naturale dei bisogni segnata dalle relazioni di dominio in cui le differenze sono disuguaglianze, ci si trova 'faccia a faccia', tra uomini liberi e pertanto eguali: è questo, appunto, il tratto 'orizzontale' della politica come incontro tra pari, koinonía." (p. 161)
2. il privato-personale. L'ingresso nel pubblico è contrapposto, in questa seconda lettura, all'uscita da sé, dal proprio intimo: in questo senso la sfera privata si oppone a quella pubblica come la sfera personale si oppone a quella sociale delle relazioni intersoggettive. Si tratta di una distinzione di origine romantica che, come quella di origine classica, individua una sfera di pertinenza delle donne in base a spiegazioni fondate sulla natura femminile. Il privato è il particolare mentre il pubblico universale, dunque la donna, che conosce solo i vincoli dell'amore e dell'amicizia, è pericolosa nei luoghi dove debbano valere principi universali. Anche qui la libertà è solo dell'uomo.

Così, affrancarsi dal privato non significa per le donne solo l'ingresso nel pubblico, ma anche il fatto che un nuovo soggetto propone un diverso modo di agire; l'agire politico della donna dev'essere finalizzato proprio al porre fine della sua soggezione nel privato e alla traduzione politica della femminilità: "la donna sarà soggetto senza dominare, senza celare sentimenti ed emozioni". Così saranno veri soggetti della politica le donne il cui privato non sarà più la sfera della privazione e le cui regole non saranno più modellate su un unico soggetto maschile che ha qualcuno che provvede (gratis) ai suoi bisogni materiali.

Questa rivoluzione comporterebbe maggior lavoro per gli uomini ma soprattutto spezzerebbe un monopolio. Pertanto gli uomini mettono in pratica:
a. la strategia oscurantista dei conservatori, che nega esplicitamente che la presenza delle donne in politica possa essere reale e rende le donne invisibili, fa come se non ci fossero; essa si basa sul principio "sei diversa, allora non puoi essere uguale".
b. la strategia assimilazionista dei democratici, che rassicura sul fatto che, in pubblico, la differenza non si nota. Considerando prima differenza e uguaglianza come incompatibili, l'atteggiamento assimilazionista ritiene l'uguaglianza e non la differenza il carattere dominante; essa si basa sul principio "sei uguale, allora non puoi essere diversa". In questo modo il pubblico resta un luogo di privazione.
c. la strategia paternalista dei liberali, la più obliqua delle tre: essa infatti ridefinisce il privato in modo che non abbia più a che vedere con una specificità femminile e afferma che le donne debbano proteggerlo. Si tratta di un atteggiamento che costringe al silenzio, perché non guarda al fatto che il privato delle donne è un luogo di soggezione; è, inoltre, un atteggiamento paternalistico, poiché il silenzio viene serbato per un presunto bene delle donne.


Ipertesto a cura di Francesca Di Donato (france[at]sssup.it) Valid XHTML 1.0!