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BFP - Home | Titoli :: schede di lettura: K. Mosser, Kant and Feminism

K. Mosser, Kant and Feminism
in "Kant Studien" 90, 1999, pp. 322-53



Una scheda di lettura

La filosofia di Kant è stata vista, con quella di Cartesio, responsabile di aver fondato una filosofia moderna occidentale basata sulla ragione oppressiva per le donne. Ma i risultati della filosofia critica kantiana sono troppo importanti per poter essere dimessi. Secondo Kurt Mosser, è importante mettere in relazione gli scritti maggiori di Kant, in primo luogo la Critica della ragion pura, con quelli minori, per proporre un'interpretazione del pensiero di Kant che non sia esempio di sessismo filosofico ma al contrario offra strumenti utili alla teoria femminista.

Mosser prende in esame le principali critiche rivolte alla filosofia di Kant da parte del femminismo:
l'accusa principale è di aver escluso le donne dalla provincia ragione (Harding); la ragione e l'idea di valore morale inglobano qualità che sono tipicamente maschili, ed escludono quelle femminili (Grimshaw, Schott). Sembra, anche, che le donne restino escluse dal regno dei fini (Mendus), come anche esclusi sono i lavoratori e i neri (Plumwood).
La maggiorparte della critica femminista si concentra su ciò che Sandra Harding definisce una descrizione della ragione come impersonale e disinteressata. Kant afferma che nessuna azione derivante da un'inclinazione naturale può avere valore morale; al contrario, un'azione ha valore morale solo se fatta esclusivamente per dovere (McMillan). In sostanza, la critica generale rivolta a Kant è quella di aver formulato principi formali austeri, sia nella dimensione teorica sia in quella pratica. Ciò astraendo dalle relazioni impersonali contingenti. In questo modo Kant ha imposto un'insieme di regole per l'impiego della ragione, e queste regole sono state usate per caratterizzare la ragione simpliciter e hanno imposto una violenza maschile sistematica.
Come riassume Jane Flax "In philosophy, being (ontology) has been divorced from knowing (epistemology) and both have been separated from either ethics and politics. These divisions were blessed by Kant and transformed by him into a fundamental principle derived from the structure of mind itself. A consequence of this principle has been the enshrining within mainstream Anglo-American philosophy of a rigid distinction between fact and value which has had the efect of conseigning the philosopher to silence on issues of outmost importance to human life." (J. Flax, The Patriarchal Unconscious)

Il soggetto di Kant è stato interpretato un soggetto vuoto e formale che, astraendo da tutti i contenuti, rivendica illegittimamente universalità per il modello (maschile) di ragione.
Prima di affrontare questo punto, Mosser vuol illustrare brevemente l'immagine che Kant traccia dell'Io penso della prima critica, e che sta a fondamento dell'epistemologia kantiana.
Nella deduzione trascendentale Kant inizia con una discussione sulla possibilità di combinazione in generale, e definisce la sintesi un atto spontaneo dell'intelletto. Questa sintesi, che è fondata nell'unità dell'appercezione trascendentale, è un atto di auto-attività del soggetto. L'Io penso produce così una complessa gamma di istanze: in primo luogo è un concetto ma deve esservi presupposta la concezione di altri concetti, inclusi quelli trascendentali; in secondo luogo la natura particolare dell'Io penso viene dal suo status logico unico; terzo, la combinazione è l'unica rappresentazione che non può essere data attraverso oggetti; infine, l'unità nell'appercezione trascendentale permette di unire all'Io penso tutte le mie rappresentazioni e le porta tutte sotto una generale/universale autocoscienza. Si tratta pertanto di un'istanza regolativa e non costituiva, dove il sé è un luogo logico che rende possibile l'unità dei presupposti del pensiero e dell'esperienza. La logica di Kant si propone, su questa base, di esibire un insieme di regole fondate e sistematiche per il pensiero. In particolare la logica trascendentale, presentata a confronto e in contrasto con quella generale, presenta un set di regole per le possibilità dell'esperienza e per la conoscenza degli oggetti che costituiscono l'esperienza. In quanto logica deve consistere di regole sicure a priori e di contenuti astratti; in quanto trascendentale deve mostrare che queste regole possono essere applicate a priori, e come ciò sia possibile.

Mosser parte dalla considerazione che ogni difesa del progetto di Kant sia senza speranza se il suo schema concettuale è preso a voler stabilire qualsiasi cosa in più delle condizioni formali dell'esperienza o, peggio, se le condizioni formali sono prese come se stabilissero conclusioni sostanziali/materiali sui contenuti dell'esperienza.

Prende così in esame tre testi che tracciano le linee guida della critica femminista a Kant.
Il primo, The Man of Reason di Genevieve Lloyd, presenta la storia dell'idea di ragione, una storia che ha enfatizzato la maschilità della ragione e svalutato la razionalità femminile. La Lloyd concentra un capitolo del suo libro su due scritti di Kant: la Risposta alla domanda: cos'è l'illuminismo? e l'Idea per una storia universale da un punto di vista cosmopolitico. L'autrice qui rivolge la sua attenzione al motto dell'illuminismo e alla nozione di sviluppo della libertà e dell'indipendenza della ragione, e mostra come alle donne sia negata tale indipendenza. Inoltre sostiene che Kant non abbia mai articolato una teoria della differenza sessuale pur fondando implicitamente una valutazione gerarchica dei sessi e l'inferiorità della donna.
La Lloyd, argomenta Mosser, prende in esame solo due scritti di Kant senza riferirsi alle tre critiche, e alla definizione che in esse si trovano di dovere, libertà, azione, temi centrali al fine di comprenderne il pensiero. Questo non significa affermare che Kant non abbia espresso idee misogine, ma rivolgersi alla tensione tra questi testi, che devono essere considerati centrali per la filosofia kantiana, e quelli che sono stati oggetto della critica femminista.
Così Mosser torna a ripetere che l'importanza della ragione in Kant è posta nei termini dell'unità dell'appercezione trascendentale, rappresentata dall'Io penso o l'essere che pensa. La condizione fondamentale per la ragione nella filosofia critica di Kant è l'abilità (Vermögen, Fähigkeit) di riferirsi a sé stessi come 'Io', condizione che Kant è esplicitamente contrario a restringere agli esseri umani, e a maggior ragione ai maschi. Egli è al contrario interessato a ricavare lo spazio per un tipo di intelletto che non crei i propri oggetti, ma anche che non reagisca passivamente agli stimoli esterni senza formulare giudizi.
La Lloyd ignora che l'Io penso è separato dalle caratteristiche che gli sono attribuite. Se invece si riferisce alla coscienza empirica, la filosofa ha semplicemente cambiato il soggetto. Il punto di Kant infatti è che l'uso teoretico della ragione non è un ruolo costitutivo, ma regolativi; e Kant dedica a questo punto centrale un'appendice alla dialettica trascendentale. La critica di Genevieve Lloyd è comunque utile a sottolineare che nei testi in cui viene affrontato il tema delle donne, Kant le caratterizzi come esseri dotati di scarsa ragione sulla base, argomenta Mosser, del loro sesso biologico o dei ruoli sociali di genere, o su entrambi gli aspetti.

Il secondo testo che Mosser analizza è Eros and Cognition di Robin May Schott, che si presenta come una discussione del paradigma kantiano dell'oggettività. Il testo della Schott non vuole presentare una specifica critica femminista alla filosofia di Kant ma, più ambiziosamente, cerca di connettere l'asceticismo e il purismo di Kant con la reificazione della persona, il controllo autoritario del capitalismo e il feticismo della comodità.
Al medesimo tempo la critica della Schott al soggetto di Kant rappresenta una linea centrale della critica femminista al filosofo tedesco, come l'autrice stessa giunge a concludere alla fine del suo lavoro. Dopo aver presentato una ricostruzione storica dell'asceticismo dai greci attraverso la cristianità medioevale, la Schott analizza la descrizione di oggettività che è divenuta paradigmatica per le opinioni moderne (si riferisce in particolare alla morale calvinista) sulla conoscenza. Nell'interpretazione della Schott, l'enfasi nella ricerca della 'verità pura' rifiuta alcun ruolo per il sensuale, l'erotico, e offre una concezione distorta della vita umana.
Questa interpretazione, scrive Mosser, presenta diversi problemi. In primo luogo, la Schott tende a ignorare aspetti importanti della concezione di Kant. Come spiegato in precedenza, Kant fornisce una logica dell'esperienza stabilendo un insieme di regole universali e necessarie per la possibilità dell'esperienza. Queste regole, a priori nel senso più forte, devono essere costruite come condizioni necessarie dell'esperienza, mentre la Schott sembra considerarle condizioni sufficienti quando scrive "Not only are all objects known in exatly the same way by the individual thinker, but all thinkers know each object in the same way as every other thinker." (p. 131)
E' difficile sapere come interpretare con precisione questo problema. L'analitica trascendentale fornisce una serie di strumenti attraverso i quali sono resi possibili giudizi, strumenti attraverso cui disaccordi con significato possano avere luogo. La struttura che rende ciò possibile è quello che Kant espone nell'analitica trascendentale, e in particolare nella seconda e terza analogia. L'analitica trascendentale non può da sé permettere la verità, serve solo come logica della verità. Così la Schott, che spesso si riferisce all'obbiettivo di Kant come se questo fosse la scoperta o la definizione della ragione pura, dimentica che una motivazione ineliminabile del progetto di Kant è la critica della ragion pura stessa. La Schott inoltre va pericolosamente vicina a dare una caricatura dell'unità dell'appercezione trascendentale, trattando acriticamente la definizione del soggetto nella prima critica come se fosse una parte, cui poi Kant abbia aggiunto una seconda, nell'Antropologia. E così, di nuovo, nella sua interpretazione dell'Io penso confonde condizioni necessarie con quelle sufficienti.
Infine, la descrizione biografica di Kant che la Schott traccia non fornisce alcun supporto alla teoria secondo cui la vita e i testi di Kant offrirebbero un modello privo di gioia o melanconico: al contrario Kant afferma che solo riconoscendo il proprio limite nell'introspezione siamo capaci di riconoscere quell'aspetto di noi che non è caratterizzabile o riducibile al sé empirico, e di conseguenza fare spazio per la libertà.

Il terzo testo che Mosser prende in esame è "The Problematic Status of Gender-Neutral Language in the History of Philosophy: The Case of Kant" di Pauline Kleingeld, che si concentra anche sugli scritti di Kant del periodo critico. Dall'Antropologia, sostiene la Kleingeld, viene fuori che Kant esclude le donne dal rango di cittadini attivi e di conseguenza di esseri pienamente razionali. Questo altera la sua apparente scarsa attenzione verso il sesso, che invece la Kleingeld rileva nella Fondazione alla metafisica dei costumi, nella Metafisica dei costumi e nella Critica della ragion pratica.
Sulla base di questo ragionamento la Kleingeld si propone di confutare quelle interpretazioni di Kant che 1) ne accettano il sessismo, 2) ne rifiutano il pensiero, accusandolo di misoginia, 3) ignorano i suoi riferimenti al sesso e li traducono in un linguaggio neutrale rispetto al genere.
La Kleingeld mette così in relazione le annotazioni di Kant sulle donne e le opere sistematiche della filosofia pratica di Kant, per mostrarne le tensioni. La sua proposta è di leggere le critiche traducendole nel linguaggio dell'Antropologia, e dunque intendendo con Menschheit solo i maschi.
Tuttavia, spiega Mosser, a questo proposito esistono due distinte possibilità di interpretazione: la prima implica l'esegesi dell'opera di Kant, la seconda le assunzioni, strategie e conclusioni della filosofia trascendentale.
Ciò che può essere importante sottolineare, sostiene Mosser, è che l'Antropologia di Kant del 1798 è un insieme di lezioni tenute dal filosofo nell'arco dei vent'anni precedenti e non dovrebbe assumere il senso centrale che l'interpretazione di tanta parte del pensiero femminista gli riconosce. Del resto, Kant si esprime riguardo alle donne in altre tre opere soltanto: le già citate Osservazioni del 1764, lo scritto sul Detto comune e la Metafisica dei costumi, dove afferma una naturale superiorità del marito sulla moglie. Ciò ci suggerisce, prosegue Mosser, un'interpretazione che predilige gli scritti critici e opposta rispetto a quella della Kleingeld.
La questione resta se siamo in grado di preservare e usare la filosofia di Kant senza lasciarsi coinvolgere dal sessismo presente nei suoi scritti; ciò non significa ignorarlo o scusarlo, ma limitarsi a osservare che le istanze relative alle donne non fossero per lui molto importanti e preservare, infine, il nucleo delle implicazioni radicali della filosofia critica kantiana per ciò che riguarda la libertà, l'indipendenza e il criticismo.

Così Mosser prosegue confrontando il kantismo di Louise Antony ("Quine as Feminist: The Radical Import of Naturalized Epistemology") con le proprie posizioni: la Antony adotta una lettura espansiva dell'epistemologia di Kant attribuendogli essenzialismo cognitivo. Ella argomenta in favore di un'epistemologia naturalizzata che ritagli una nozione minimamente realista, e insiste sulla situatezza inelimininabile del soggetto pensante.
Al contrario Mosser, come ha spiegato, opta per una lettura minimalista di Kant.
Infine traccia alcune linee per un femminismo kantiano sottolineando come, in primo luogo, sia importante distinguere i testi centrali dell'opera kantiana, in cui si articola il sistema della filosofia critica, dagli scritti minori.
In generale, le critiche femministe della tradizione filosofica occidentale hanno avuto il merito di insistere sul fatto che si debba riconoscere e considerare la lunga storia di oppressione delle donne, sostenuta implicitamente e esplicitamente da un ampio numero di filosofi. Allo stesso tempo, ci sono aspetti del pensiero di Platone come di quello di Aristotele e di altri, che possono oggi essere utili.
è possibile allora separare aspetti dell'impostazione di un filosofo da altre posizioni che riteniamo importanti?
La sua risposta è affermativa. Un femminismo kantiano dunque sarebbe un femminismo illuminista.


Ipertesto a cura di Francesca Di Donato (france[at]sssup.it) Valid XHTML 1.0!