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BFP - Home | Titoli :: schede di lettura: A. Allen, Privacy

A. Allen, Privacy
in A. Jaggar, I.M. Young, A Companion to Feminist Philosophy, Blackwell, 1997 (pp. 456-465)



Una scheda di lettura

La posizione del femminismo nei confronti della privacy* è ambivalente: questo concetto, afferma la Allen, rappresenta per il femminismo un oggetto di critica (una barriera da superare), e allo stesso tempo uno strumento per la liberazione delle donne.
Una parte del femminismo ha interpretato la privacy come un ideale problematico; la privacy è sinonimo di sfera privata domestica e viene identificata con la famiglia, un contesto in cui la donna è tradizionalmente subordinata. Ciò a causa della struttura di relazioni socio-economiche, che determinano la dipendenza di alcuni membri dell'unità domestica da altri.
Altre femministe sottolineano il fatto che il diritto alla privacy è uno strumento per esprimere la possibilità di prendere decisioni autonome, indipendenti rispetto al sesso.

Obiettivo della Allen è quello di descrivere e commentare le diverse posizioni relative alle definizioni della privacy e al significato che il concetto assume nella riflessione femminista.

La nozione di diritto alla privacy comprende negli Stati Uniti una serie di istanze, sollevate dal dibattito che, a partire dagli anni Sessanta, ha visto crescere l'interesse dell'opinione pubblica verso aspetti legati a temi nuovi tra cui emergono l'organizzazione della vita domestica, la gestione della riproduzione, e, più di recente, la sicurezza nella trattazione dei dati personali.

Queste istanze, spiega la Allen, interessano la privacy in tre significati del termine:

1. physical privacy. La privacy in questo primo senso consiste nella libertà dall'essere osservati o dal contatto fisico non desiderato. La cultura occidentale identifica la casa come il luogo in cui si possa godere di tale libertà, ignorando il fatto che molto spesso è proprio la sfera domestica ad essere luogo di violazioni e violenze.
Con lo stesso significato, la privacy interviene in tutti gli ambiti e le sfere della vita del cittadino in cui l'interazione fisica, o l'azione sui corpi, hanno una parte fondamentale.

2. informational privacy. Il secondo significato riguarda la segretezza, la confidenzialità o l'anonimità delle informazioni relative alla persona. Le tecnologie informatiche hanno ispirato una definizione espansiva di privacy che designa le cosiddette "pratiche dell'informazione corretta (fair)" e che riguardano
a.
la protezione delle informazioni personali dall'esposizione pubblica;
b. l'adozione di misure per verificare e aggiornare le informazioni;
c. la facilitazione dell'accesso individuale alla registrazione delle informazioni che vengono diffuse;
d. la necessità del consenso degli interessati, precedente all'uso di informazioni.

3. decisional privacy. In un ultimo senso, la privacy consiste nella possibilità di prendere decisioni, liberi da ogni interferenza. Le ragioni filosofiche in favore di una decisional privacy si fondano sull'ideale di un governo limitato, tollerante e neutrale; e sull'idea di esseri umani portatori di dignità, autonomia o interessi, in virtù dei quali hanno vite e legami da loro liberamente scelti. Secondo la Allen, tuttavia, chi difende la privacy in questo senso non tiene conto del fatto che la realtà è molto diversa da ideali e idee.

In particolare, alcuni usi della decisional privacy sembrano presupporre che la vita sociale sia divisa in due sfere distinte, una privata e una pubblica.
La privatezza così congegnata ha origine nella Grecia antica, dove si ha la prima distinzione tra polis e oikos e che dà seguito alla distinzione romana tra res publicae e res privatae. La sfera pubblica era quella dell'uomo libero, cui era assicurata la cittadinanza (partecipazione al governo collettivo) dalla proprietà e e dallo status economico. Viceversa nella sfera privata le mogli, i bambini, gli schiavi e i servi erano occupati dai problemi della sopravvivenza economica e di quella biologica della famiglia, uomo compreso.
La premessa classica che la vita sociale debba essere organizzata intorno a sfere private e pubbliche, nota la Allen, sopravvive nella tradizione del pensiero occidentale post-illuminista, così come resta valida la premessa che la sfera privata consista principalmente di casa, famiglia e associazioni intime apolitiche.

Tuttavia oggi è chiaro come il diritto, e con esso gli strumenti pubblici di governo, definisca e medi le relazioni tra gli individui e tra individui e stato dentro e fuori la famiglia; ciò mostra quanto la sfera privata sia permeata dal pubblico.

Il problema, allora, diventa il fatto che, nella misura in cui il pubblico è pervaso da ideali patriarcali e eterosessuali, i diritti alla privacy riflettono, allo stesso modo, ideali di una sfera privata patriarcale e eterosessuale. La privacy infatti giustificherebbe monopoli esclusivi sulle risorse sociali da parte degli uomini, e servirebbe anche a rafforzare l'indifferenza della società nei confronti della violenza e della povertà che caratterizzano le vite 'private' di molte donne e bambini.

Le femministe che non rifiutano la definizione implicita nella dicotomia pubblico-privato, ritendendo che la privacy possa comprendere il diritto di porre domande di welfare nel settore privato, hanno sostenuto che la linea tra le due sfere dovrebbe essere tracciata di nuovo per accrescere l'autonomia delle donne.
Altri discutono su come definire, valutare e regolare al meglio la privacy; se essa debba essere considerata un valore o un fatto, un'istanza morale o un diritto; se le definizioni di privacy debbano prescrivere ideali del termine o invece descriverne l'uso attuale. I contrasti principali sono relativi alla concettualizzazione della privacy familiare.

femministe liberali hanno affrontato la questione da due direzioni opposte: una prima sottolinea il potenziale della privacy nel favorire la presa di controllo da parte delle donne delle proprie vite; la seconda la considera un concetto pericoloso.

Perché questa seconda posizione? Cosa ha reso la privacy oggetto della critica femminista?
La Allen articola la risposta intorno a tre argomenti:
In primo luogo le femministe hanno criticato l'idea che la sfera propria delle donne sia quella privata, e hanno osservato come i ruoli familiari abbiano reso l'accesso delle donne al pubblico limitato. Per accrescere le partecipazione delle donne alla vita pubblica, le femministe ne hanno rivendicato il diritto. E hanno mostrato come pervada ancora la società l'ideale di una sfera privata libera dalle influenze dello stato, nonostante la realtà del fatto che nell'Occidente le democrazie regolino al vita domestica. Basti notare che il matrimonio è considerato una relazione privata così come le relazioni riproduttive, eppure si tratta di rapporti regolati dalla legge.
In secondo luogo la privacy diviene un concetto problematico dove la violenza domestica suggerisce il bisogno di un maggiore (piuttosto che minore) coinvolgimento dello stato nelle sfere tradizionali private della casa e della famiglia.
Infine, il femminismo ha sottolineato il ricorso alla privacy abbia implicazioni conservatrici in quanto poggia sul fatto che esiste una sfera privata, e limita gli interventi dello stato di fronte all'emergere dei conflitti a programmi di welfare, ignorando cosigrave; le cause e la portata dei conflitti stessi.

Per tali motivi, conclude la Allen, le femministe hanno buone ragioni per essere critiche rispetto a quanto la privacy ha significato: questa resta un ideale sulla cui applicazione è importante vigilare.


* Non traduco il termine privacy, che in italiano coprire una gamma variegata di significati, lasciando al lettore la scelta della traduzione di volta in volta più appropriata.


Ipertesto a cura di Francesca Di Donato (france[at]sssup.it) Valid XHTML 1.0!