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BFP - Home | Titoli :: schede di lettura: Vandana Shiva, Biopirateria

Vandana Shiva, Biopirateria
(Biopiracy. The Plunder of Nature and Knowledge, 1997)



Una scheda di lettura

Il punto di partenza dell'analisi di Vandana Shiva è il fatto che la colonizzazione sia oggi più che mai all'opera e continui a minacciare l'ecologia del pianeta nascondendosi dietro nuove forme; il capitale, scrive la filosofa indiana, cerca nuove colonie: gli spazi interni del corpo delle donne, le piante e gli animali (la biodiversità).

Si tratta di un processo di colonizzazione perché al centro di ogni scoperta ci sono atti di pirateria: i brevetti e i diritti di proprietà intellettuale sono il modo in cui, cinquecento anni dopo Colombo, l'espropriazione, ugualmente violenta, viene resa naturale; la biodiversità viene così ridefinita innovazione biotecnologica per far apparire meno discutibile la brevettabilità delle forme di vita e nascondere questo processo.

I diritti di proprietà intellettuale infatti si basano su un concetto molto restrittivo di innovazione perché trasformano diritti comuni in diritti privati e innescano un processo che si fonda sull'esclusione delle idee e delle innovazioni che nascono nei commons intellettuali; in questo modo distruggono la diversità intellettuale quando si suppone rappresentino una ricompensa e un riconoscimento della creatività.
Essi trasformano in proprietà privata il sapere prodotto in ambito pubblico e lo riconoscono come sapere solo quando la conoscenza e l'innovazione generano un profitto, e non quando conoscenza e innovazione rispondono ai bisogni sociali; così i fini della creatività divengono profitto e accumulazione, e il concetto di bene collettivo perde valore perché il denaro è l'unico metro del valore scientifico. Il processo della dimenticanza investe quelle discipline che non garantiscono profitto ma sono essenziali per l'umanità, e anche quando la ricerca di base viene finanziata con fondi statali, i suoi risultati sono spesso utilizzati nella ricerca applicata per fare scoperte brevettabili i cui ritorni vengono privatizzati.

Ciò, nonostante il fatto che non esista prova che i brevetti stimolino l'invenzione: al contrario, la privatizzazione si rivela secondo la Shiva uno strumento per il controllo del mercato che, introducendo la segretezza, inibisce lo scambio tra ricercatori che dovrebbe costituire lo spirito della ricerca.

Al concetto di scienza come biopirateria, di cui i brevetti sono l'ultima espressione, la Shiva contrappone il concetto di scienza come sviluppo della creatività umana, individuale e collettiva; un'attività plurale e pluralistica, in grado di riferirsi a differenti "sistemi di conoscenza".

La concezione del naturale espressa dal riduzionismo biologico attribuisce valore ad una sola specie e riduce il comportamento di tutti gli organismi biologici ai loro geni. Ciò, argomenta la filosofa, non è avvenuto a caso ma secondo un'impostazione altamente programmata per il controllo sociale, e che si fonda sulle scienze naturali, mediche e sociali. In questo processo la gerarchia e la disuguaglianza sono state 'naturalizzate' sulla dase di un'ideologia costruita per il controllo della diversità in natura e nella società. Tutto ciò ha creato un sistema ingiusto di totale privatizzazione dei benefici, e di totale socializzazione dei costi.

La caratteristica principale dei sistemi viventi consiste nella capacità di autorganizzarsi, mentre brevettare una forma di vita implica concepire la natura come un oggetto passivo nelle mani dell'uomo. La natura è attività (Terra mater) e non materia inerte (terra nullius). I brevetti, così, hanno a che vedere non tanto con l'innovazione quanto con il territorio: essi diventano uno strumento di espansione territoriale quando la proprietà dei saperi tende a spostarsi verso aree di maggiore concentrazione capitalistica, abbandonando i poveri senza capitale.
La biodiversità si trasforma da bene locale in proprietà privata recintata, acquisita tramite una tecnologia che, connessa al controllo-proprietà delle persone e delle risorse, forma la base del progetto patriarcale della conoscenza come potere sugli altri.

Si tratta di una costruzione politica costruita su tre separazioni: tra mente e corpo, tra attività e passività, tra chi sa e tra chi è oggetto del sapere.

Sostenere la vita, conclude la Shiva, significa rigenerarla; come mostra l'esempio dei medici non occidentali, i quali elargiscono gratuitamente i benefici dei loro saperi, è necessario lottare per costruire e mantenere un settore pubblico in cui la conoscenza dell'uso della biodiversità non sia mercificata: fondare cioè sistemi sui generis che tutelino i diritti collettivi di proprietà intellettuale e che si basino necessariamente sulla biodemocrazia, ovvero sulla convinzione che qualsiasi sistema produttivo e conoscitivo che usi gli organismi biologici abbia la stessa validità.


Ipertesto a cura di Francesca Di Donato (france[at]sssup.it) Valid XHTML 1.0!