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BFP - Home | Titoli :: schede di lettura: E. Varikas, Una cittadinanza "in quanto donna"? Elementi del dibattito europeo: parità versus uguaglianza

E. Varikas, Una cittadinanza "in quanto donna"? Elementi del dibattito europeo: parità versus uguaglianza
in F. Bimbi, A. Del Re (a cura di), Genere e democrazia, Torino, Rosenberg & Sellier, 1997, pp. 235-251



Una scheda di lettura
di Maria Chiara Pievatolo

Le donne, pur essendo la maggioranza assoluta dei cittadini, sono politicamente una minoranza: questo è un segno visibile dei limiti della democrazia "reale".
La democrazia "reale" è stata fondata su una unificazione coercitiva del molteplice nell'uno; chi non ricadeva sotto la sua norma, veniva trattato come non rappresentabile. La democrazia ideale è invece fondata su un desiderio di libertà e sul conseguente diritto a partecipare alla definizione di quello che è comune e proprio di esseri molteplici e cangianti come le creature umane. Questa libertà individuale, in quanto autonomia, è irriducibile all'individualismo possessivo.
I fautori della rappresentanza per gruppi affermano che la democrazia occulta la molteplicità costituiva della comunità politica e impedisce di includere nella polis gli esseri umani concreti, sessualmente e socialmente differenti. Questa tesi contraddice la definizione originaria della democrazia, data da Rousseau, per la quale solo il popolo, in quanto delibera come una collettività, può volere il generale e il bene comune. Se la comunità politica venisse ridotta a un mosaico di gruppi, dotati di rappresentanze speciali, si dovrebbe ammettere che la volontà generale è impossibile, perché i punti di vista particolari siano irriducibili l'uno all'altro; verrebbero inoltre abbandonati a se stessi i più fragili, cioè i fuori casta, che non si riconoscono o non vengono riconosciuti in nessun gruppo istituzionale. In altri termini, sostenere una rappresentanza per gruppi significa perdere di vista l'orizzonte di una visione globale ed equa del vivere in comune.
Contro questa concezione della rappresentanza, si deve obiettare che la comunità politica può essere vista non solo come una molteplicità di gruppi, ma anche come una molteplicità di singolarità individuali. Sul piano della deliberazione, le elezioni presuppongono che i candidati siano rappresentativi in quanto sono scelti, allo scopo di fare scelte: per questo vengono eletti in funzione delle loro posizione politiche e non del loro sesso. Nulla garantisce che una donna possa fare gli interessi di un'altra donna meglio di un uomo - a meno di non presupporre una determinazione biologica o comunitaria che agisce indipendentemente dalle scelte personali.
Le richieste di parità contrapposte all'uguaglianza si basano sull'evidenza della dualità strutturale del genere umano: il loro presupposto è l'idea che vi sia una continuità fra l'uomo come specie, naturalmente determinato, e l'uomo come animale politico deliberante. Contro queste posizioni, bisogna ricordare che il naturalismo è sempre stato dalla parte dello status quo. La critica femminista ha mostrato che la società com'è è governata dagli uomini: ma uomini (e donne) non si nasce, lo si diventa. La partecipazione delle donne tramite quote riservate non risolve il problema del dominio maschile, perché non modifica le condizioni che fanno sì che gli uomini siano dominatori e le donne dominate. Se invece accettiamo lo spirito della definizione originaria di democrazia, dobbiamo riconoscere che le società- e le loro differenze - sono prodotto dell'attività umana e dunque sono rinegoziabili in ogni momento, e che ciascuno ha il diritto di scegliere da sé i gruppi cui appartenere.
Una democrazia paritaria, per quote riservate, rischia di istituzionalizzare la gerarchia dei generi esistente, e di occultare le diversità degli uomini e delle donne che la compongono: il fatto che alcune donne siedano su scranni riservati in parlamento, ci fa dimenticare di tutte le disuguaglianze sociali connesse, altrove, alla differenza o discriminazione sessuale. La politica delle quote, che si basa sul riconoscimento della differenza, rischia di non avere né l'interesse né gli strumenti per criticare la discriminazione.


Ipertesto a cura di Francesca Di Donato (france[at]sssup.it) Valid XHTML 1.0!