Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista "Linux Magazine"
13-11-2004 21:34:23
Sommario
Il sociologo finlandese Pekka Himanen, nel suo libro sull'etica hacker da poco tradotto in italiano, descrive la differenza fra il modo di creare e di imparare degli hacker e il lavoro degli altri con un brano del Teeteto di Platone (172d ss): “Gli altri, al contrario, non solo parlano sempre in grande affanno, incalzati come sono dall'acqua che scorre giù dalla clessidra, ma nemmeno hanno libertà di svolgere i loro argomenti come vogliono; ché sta loro addosso l'avversario, impugnando la legge inflessibile e recitando l'atto d'accusa, che sono i limiti fuor dei quali non è lecito deviare. E sempre i loro discorsi sono o pro o contro qualche compagno di schiavitù; e si rivolgono a un padrone, che è là, sopra uno scanno, e ha la causa nelle sue mani”.
Queste frasi sono state composte duemilacinquecento anni fa, ad Atene, in un mondo che aveva assistito a una importantissima rivoluzione mediatica: il passaggio dalla parola parlata alla scrittura come mezzo prevalente per la conservazione e la trasmissione del sapere. Platone aveva in mente i filosofi, che erano gli scienziati del suo tempo. E voleva spiegare perché chi cerca il sapere per il piacere di sapere è più libero di chi lo cerca per avere potere. Nell'antichità, infatti, il potere non si conquistava nell'ambito economico, ma nelle arene politiche e giudiziarie. Gli hacker, quando scrivono programmi per il solo gusto di creare del codice elegante, sono molto simili agli antichi filosofi.
Il caso GNU/Linux suscita lo stupore di molti economisti: come è possibile che un sistema messo liberamente a disposizione di tutti, scritto da hacker senza fini di lucro, sia concorrenziale, e per molti versi migliore di quello prodotto dagli sforzi organizzati e remunerati dei dipendenti di un'azienda? Io stessa, quando ho installato il mio primo Linux, ne sono rimasta sorpresa. Sapevo che il lato debole di Linux, quello che ne faceva un sistema poco indicato per gli utenti desktop, erano le interfacce grafiche. Mi aspettavo di avere a che fare con client grafici spartani, ed eventualmente un po' caotici. Invece mi sono trovata di fronte a una vasta scelta di interfacce eleganti ed amichevoli, come KDE, Gnome, Xfce: la mia partizione Windows è caduta in disuso ed è stata cancellata senza rimpianti. Che cosa mi aveva fatto credere che del software scritto solo per il piacere di scriverlo dovesse essere inferiore a quello prodotto da un'azienda per essere venduto?
Avevo commesso l'errore di dare per scontato, nello spirito del capitalismo, che l'unico motore che ci spinge a imparare e a creare sia il desiderio di guadagno. Platone non ragionava così: per gli antichi, le cose veramente importanti erano quelle che si fanno per scelta, liberamente e gratuitamente, al di là della necessità economica. Per loro, chi si dedicava solo ai suoi interessi economici, pur avendo già quanto bastava per vivere, era semplicemente un idiotes. Idiotes, in greco, significa "privato", ma vuol dire anche "deficiente": una persona, cioè, cui manca qualcosa di importante. Per gli antichi, in altre parole, chi continuava a lavorare per fare soldi, senza averne bisogno, era semplicemente uno scemo - uno sprovveduto che non sapeva che cosa fare della propria libertà. Gli antichi si sarebbero, piuttosto, stupiti del nostro stupore: gli hacker usano, da uomini liberi, il proprio tempo per discutere e creare cose che hanno valore di per se stesse. Perché vivere come schiavi, senza esserne obbligati? Perché credere che chi è costretto dalla necessità economica produca cose migliori di chi lo fa liberamente? Nel mondo antico, la libertà del sapere era un ideale aristocratico, riservato a pochissimi: ma molte rivoluzioni efficaci derivano, storicamente, dalla democratizzazione di ideali aristocratici. Gandhi riuscì a convincere milioni di indiani a praticare la non-violenza, per liberarsi dagli inglesi, anche perché la non-violenza era, in India, un ideale aristocratico originariamente riservato alla casta superiore, che lasciava ad altri l'onere di sporcarsi le mani col sangue.
E' diffusa l'idea che, per la qualità del prodotto, quanto scritto da amatori non possa competere con lo sforzo organizzato di una azienda. Platone ha affrontato anche questo problema. Ad Atene, per avere successo, si doveva saper parlare in pubblico. Alcuni professionisti, i cosiddetti sofisti, trasmettevano a pagamento i codici e i protocolli della retorica, l'arte di comunicare in maniera persuasiva, e sostenevano che il loro know how, frutto della loro competenza sistematizzata, era scientificamente efficace e valeva quello che costava. Platone ne dubitava. Se vogliamo far cambiare idea a uno scienziato, dobbiamo trovare un argomento che lo confuti: dobbiamo, cioè, trovare un bug nella sua teoria ed eventualmente farne una migliore. Se lo scienziato fa ricerca per amore della scienza, accoglierà la nostra obiezione. Ma per convincere un sofista occorre pagarlo bene. Come possiamo essere sicuri che quanto ci offre il sofista è la sua teoria migliore, e non soltanto quella che si vende meglio? Se critico un sofista, anche per migliorare la sua teoria, gli rovino il mercato: il sofista non potrà accogliere esplicitamente le mie obiezioni. Cercherà, piuttosto, di mettermi in cattiva luce. E offrirà ai suoi clienti un prodotto peggiore, per poterlo vendere meglio. Ecco perché le ragioni del sapere e quelle del potere - politico ed economico - devono restare separate. Per motivi simili a quanto Platone aveva già messo in luce confrontandosi con i sofisti, la qualità del software libero è migliore di quella del software proprietario.
I filosofi della cerchia platonica si riunivano in un luogo chiamato Accademia. Non si trattava di una scuola come siamo abituati a immaginarla noi, ma di un gruppo di discussione cui potevano partecipare liberamente tutti coloro che avevano voglia di studiare e di discutere di filosofia, matematica, fisica e politica. Se l'Accademia avesse avuto dei computer, ci avrebbe fatto girare software libero.
L'etica hacker e lo spirito dell'età dell'informazione. Feltrinelli. Milano. 2003. http://tecalibri.altervista.org/H/HIMANEN-P_etica.htm.
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