Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista "Linux Magazine"
13-11-2004 21:35:57
Brianna LaHara ha dodici anni, un computer per collegarsi in rete e tanti amici. Alla sua età, non avrei potuto avere un computer tutto per me: ai miei tempi la rete era per pochi e i calcolatori erano così grossi e costosi che potevano permetterseli solo grandi banche, università e organizzazioni militari. Avevo, dunque, meno amici con cui condividere conoscenze ed esperienze. Brianna, da questo punto di vista, è stata più fortunata di me. Ma questa fortuna l'ha trasformata in una ladra.
A Brianna piaceva condividere la musica con gli amici tramite un programma di file sharing, Kazaa Plus. A causa di questo è stata denunciata dalla RIAA, la potente associazione dei discografici americani, per violazione del diritto d'autore. La sua famiglia ha dovuto pagare 2000 dollari di danni – molto meno di quanto era stato inizialmente richiesto - grazie a un accordo extra-giudiziale. In cambio, ha dovuto riconoscere che condividere la musica con gli amici fa del male non tanto ai discografici, quanto ai musicisti.
Il confronto fra Brianna e i discografici è avvenuto fuori dai tribunali, senza giudici. Negli Stati Uniti vige un sistema di common law, nel quale il precedente giudiziario fornisce una regola ai successivi giudici che deliberano su questioni simili. La RIAA, che può pagare avvocati convincenti, è riuscita ad avere una sentenza che l'autorizza a ottenere dai provider i nomi dei clienti che condividono file tramite sistemi p2p. In Europa, dove esistono leggi a tutela della privacy, solo un tribunale può emettere una simile ingiunzione; non certo una associazione privata, com'è la RIAA. Per quanto le nostre leggi sul diritto d'autore siano sempre più vessatorie nei confronti degli utenti, fra i discografici, con i loro miliardi e la loro capacità di influenzare il legislatore, e le ragazze come Brianna, c'è sempre un tribunale. In America non è più così. Non sorprende che Brianna sia stata schiacciata.
Il “furto” della musica è molto diffuso. Se non si vuole usare il p2p, si può per esempio andare su www.shoutcast.com, cercare la radio che trasmette in streaming la musica che si preferisce e ascoltare. Se si vuole salvarla sul proprio hard disk, per sentirla senza sprecare banda, c'è un programmino sotto licenza GPL chiamato streamripper (streamripper.sourceforge.net), molto facile da installare e da usare dalla bash. La rete permette di condividere conoscenze ed esperienze: con streamripper è possibile scaricare la discografia di una intera radio, con i track mp3 separati l'uno dall'altro, ascoltarli con calma, scoprire nuova musica e scegliere quello che si preferisce. Ma anche questo comportamento è al limite del “furto”: l'utente di Shoutcast è autorizzato a tenere gli mp3 solo per un periodo limitato di tempo. Poiché non si specifica quanto limitato, un bravo avvocato potrebbe difenderlo con successo, nel caso, affermando che nulla prova che non avesse intenzione di cancellare i file “domani”.
Chi sostiene che condividere file gratuitamente in rete è una violazione del diritto d'autore, paragona questo comportamento a un furto. E', tuttavia, abbastanza improbabile che chi condivide un file abbia materialmente rubato in un negozio il CD-ROM che lo conteneva. Di solito si tratta di qualcosa che è stato regolarmente acquistato. Non abbiamo a che vedere col furto di un oggetto materiale; si ruba, ci viene detto, un oggetto immateriale.
Come è possibile trafugare un oggetto immateriale? Con gli oggetti materiali, le cose sono semplici e chiare: se io mangio una mela, il mio amico non può mangiare la stessa mela. Per evitare che ogni volta finisca a pugni, è stata inventata la proprietà privata e sono state definite delle forme di acquisizione legittima: il ritrovamento, la compravendita, il dono. Con gli oggetti immateriali, le cose cambiano: se suono o ascolto della musica, se faccio girare un programma, se copio un testo, se penso e metto in atto un'idea, il mio comportamento non impedisce a nessun altro di ascoltare la stessa musica, far girare lo stesso programma, leggere lo stesso testo, pensare o realizzare la stessa idea. Se rubare significa sottrarre la fruizione di una cosa al legittimo proprietario, io posso rubare una mela, ma non posso rubare una canzone.
Il furto di oggetti immateriali, si sostiene, è una operazione più complessa: io rubo una canzone o un programma quando impedisco all'autore - o, meglio, all'azienda a cui di solito questi ha ceduto i diritti - di trarne guadagno. Se faccio copiare, anche gratis, un brano, un testo o un programma a un amico, io sono un ladro. Si presume, infatti, che il mio amico, se non avesse ricevuto il mio dono, avrebbe comprato la musica, il libro o il programma, facendo, solitamente, guadagnare il discografico, l'editore o la software house che ne detiene i diritti. Dunque il furto, per gli oggetti immateriali, è tutto ciò che causa un mancato guadagno a chi detiene i loro diritti.
A Richard Stallman, inventore della licenza GNU/GPL, questo argomento sembra bizzarro: se il mio amico decidesse di non comprare un libro o un CD perché preferisce giocare a carte o mangiare una mela, anche il fruttivendolo dovrebbe essere paragonato a un ladro, perché, offrendo la sua frutta, ha causato all'editore o al discografico un mancato guadagno. Anch'egli è in una posizione simile a quella di chi regala a un amico una copia di un brano musicale, di un libro, di un programma. C'è solo una differenza: al fruttivendolo viene riconosciuto il diritto di vendere le mele, mentre a me non viene riconosciuto il diritto di regalare copie di brani musicali, libri o programmi. A me non viene riconosciuto il diritto di regalare.
Il mondo che sogna la RIAA è un unico mercato generale, dove non ci sono più né amici, né doni, né codici condivisi. Gli amici, copiando facilmente a spese proprie ciò che alcuni vorrebbero soltanto vendere, danneggiano l'economia.
Una mela deve essere soggetta alla proprietà privata, perché non può essere contemporaneamente mia e tua. E' giustificato il regime proprietario degli oggetti immateriali? Una canzone, un testo o un programma possono essere usati nello stesso tempo da un numero indefinito di persone. Non si consumano a regalarli. I diritti d'autore e i brevetti, a differenza dei titoli di proprietà sugli oggetti materiali, valgono solo per un tempo limitato, che, tuttavia, le leggi e le convenzioni internazionali tendono a prolungare sempre più. In questo tempo limitato – che nel caso dei diritti d'autore, supera di gran lunga l'esistenza fisica di una persona longeva – chi regala delle copie verrà trattato come un ladro. Senza che ci sia nulla, nella natura dei beni immateriali, che lo giustifichi. La musica non può essere rubata; non si rovina, a riprodurla. In generale, il codice – di un testo scritto, di una melodia, di un programma – non può essere rubato: il fatto che io lo usi non impedisce agli altri di usarlo, nel medesimo momento. Il fatto che io ne regali una copia, senza guadagnarci nulla, non impedisce ad altri di trarne, variamente, profitto. Ci sono infatti cose che non possono essere riprodotte: le prestazioni personali di un musicista che suona dal vivo per me, di uno sviluppatore che scrive un programma disegnato sulle mie esigenze e mi insegna ad usarlo, di un docente che dedica il suo tempo e la sua esperienza a spiegarmi una questione finché non l'ho capita.
Il padre della musica moderna, Johann Sebastian Bach, compose le sue opere in un'epoca in cui per la brani musicali non era previsto un diritto d'autore. Bach si guadagnava da vivere facendo l'organista, l'insegnante, il maestro di cappella. Lo pagavano non per il codice che scriveva, ma per valersi la sua rara capacità di comporlo, comprenderlo, spiegarlo agli altri ed applicarlo. Questo non gli ha impedito di diventare il padre della musica moderna – proprio come la licenza GNU/GPL non impedisce a Linux di essere un sistema operativo eccellente.
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