Tradurre Kant liberamente

Maria Chiara Pievatolo

Questo articolo è pubblicato sul sito della Società Italiana di filosofia politica - Sezione articoli e saggi. Una sua versione rielaborata è stata accettata per la pubblicazione dalla rivista "Studi kantiani" (2006)

Questo documento è soggetto a una licenza Creative Commons


Sommario

1. Introduzione
2. Il V articolo preliminare di Zum ewigen Frieden: scandalum acceptum e scandalum datum
3. Non esistono guerre giuste
4. Lo strumento della ricerca

1. Introduzione

Nel corso dell'anno accademico 2003-2004 ho avuto l'incarico di fare da supplente per il corso di filosofia politica di cui era titolare Giuliano Marini. In questo lavoro mi sono stati molto utili alcune versioni italiane in commercio degli scritti politici di Kant, da lui fittamente annotate e modificate per l'uso degli studenti. Dopo la sua morte, ho pensato di offrire per lo stesso corso, ora tenuto da me, una nuova traduzione di alcuni testi kantiani, che tenesse conto delle sue correzioni e osservazioni, in modo che la sua opera interrotta non andasse perduta.

Le traduzioni, ancora in corso di elaborazione, sono tuttavia pubblicamente disponibili sul sito del Bollettino telematico di filosofia politica 1 , e sono soggette a una licenza Creative commons che permette di riprodurle, distribuirle e modificarle liberamente a scopo non commerciale, purché se ne riconosca l'autrice.

E' particolarmente importante che le traduzioni dei classici siano libere. Chi verrà dopo di me, in luogo di ritradurre tutto da capo, come ho dovuto fare io, potrà semplicemente correggere i miei errori: la condivisione dei testi facilita la ricerca perché rende possibile un progresso cumulativo. Anche per questo ho scelto di mettere subito a disposizione del pubblico i testi, sebbene ancora in fase di elaborazione, in modo tale che sia possibile a tutti non solo farne uso ma soprattutto, se è il caso, emendarli. Il diritto d'autore ha prodotto una mentalità per la quale una correzione a un lavoro altrui viene interpretata come un attacco personale, perché anche opere di uso e di significato collettivo – come appunto le traduzioni dei classici – vengono trattate come un patrimonio privato, sulla base del quale si misura il valore dell'autore. In questo modo, ogni generazione deve ricominciare da capo. Secondo i criteri suggeriti da Kant nella prefazione del 1787 alla Critica della ragion pura: la scientificità di una disciplina si misura dai suoi risultati, e cioè dalla continuità del suo progresso e dall'accordo fra coloro che la praticano. 2 Per quanto concerne le traduzioni, l'attuale regime proprietario le condanna ad invecchiare fino a settant'anni dalla morte dell'autore senza che sia possibile correggerle, ed è causa di conflitti personali fra gli studiosi perché nessuna critica, nel periodo in cui vige il copyright, ha la possibilità di essere praticamente costruttiva. Di contro, una traduzione libera può permettersi di essere intesa come un patrimonio collettivo e di ricevere le correzioni come dei miglioramenti.

Ci sono dei vantaggi a lavorare in rete – vantaggi che potrebbero essere estesi anche agli studi kantiani, se la forma di pubblicità connessa all'uso di licenze libere fosse attuata in maniera consapevole e sistematica e l'accessibilità dei testi in rete fosse considerata una questione comunicativa – quindi di interesse diretto degli autori – e non meramente tecnica. Illustrerò questa tesi con un esempio, legato a una piccola scoperta fatta nel corso di questa traduzione.

2. Il V articolo preliminare di Zum ewigen Frieden: scandalum acceptum e scandalum datum

Il V articolo preliminare del progetto kantiano per la pace perpetua è, in questi ultimi anni, di singolare attualità. Esso recita:

Nessuno stato deve interferire con la forza nella costituzione e nel governo di un altro stato.

Kant chiarisce l'articolo nel seguente modo:

Infatti che cosa può dargliene diritto? Forse lo scandalo che dà ai sudditi di un altro stato? Esso può anzi servire da ammonimento con l'esempio dei grandi mali che un popolo si è attirato per il suo essere senza legge: e il cattivo esempio che una persona libera dà all'altra (come scandalum acceptum) non è in generale una lesione nei suoi confronti. - In ciò non sarebbe certo da far rientrare la situazione in cui uno stato, per interiore discordia, si spaccasse in due parti, ciascuna delle quali rappresenta di per sé uno stato particolare che avanza pretese sull'intero: in tal caso, il prestare assistenza a uno dei due non potrebbe essere imputato a uno stato esterno come interferenza nella costituzione dell'altro (perché allora si tratta di anarchia). Ma finché questo conflitto interno non è ancora deciso, questa interferenza di una potenza esterna sarebbe una violazione del diritto di un popolo che non dipende da nessun altro e lotta soltanto con la sua malattia interna, quindi uno scandalo dato [ein gegebenes Skandal] essa stessa, e renderebbe insicura l'autonomia di tutti gli stati. 3

Kant afferma che il cattivo esempio dato da una costituzione deteriore ai sudditi di altri stati non giustifica un intervento correttivo esterno: “il cattivo esempio che una persona libera dà all'altra (come scandalum acceptum) non è in generale una lesione nei suoi confronti”. Secondo il traduttore della versione più diffusa della Pace perpetua, quella di Laterza, 4 scandalum acceptum significa “scandalo gradito”: Kant, pensando alle costituzioni prodotte dalla rivoluzione francese, vorrebbe suggerire che, per quanto scandalose, sono, in qualche modo, una colpa felice. 5 Ma perché egli adotta questa espressione latina, in un modo tale da far pensare che stia facendo ricorso a un termine tecnico?

Perché di termine tecnico, appunto, si tratta: esso deriva dal linguaggio della teologia morale. Questo concetto merita qualche spiegazione, perché comporta un uso della parola “scandalo” diverso da quello comune.

Nella sistematica teologica, per scandalo diretto si intende lo sforzo premeditato e intenzionale per indurre qualcuno al peccato; si ha uno scandalo indiretto quando detta azione è condotta senza intenzione.

Si parla di scandalo attivo quando ci si riferisce all'azione di chi scandalizza; di scandalo passivo quando ci si riferisce all'azione conseguente di chi viene scandalizzato, nel senso – diverso dall'accezione ordinaria della parola - che soccombe a uno scandalo, lasciandosi indurre al peccato. Lo scandalo passivo, infine, può essere datum et acceptum quando lo scandalizzato ha ceduto all'influenza di una azione colpevole; e più essere mere acceptum quando lo scandalizzato ha tratto occasione di scandalo da una azione buona o almeno soggettivamente retta. Si veda questo schema: 6 Partizione dello scandalo

Se si dice che il cattivo esempio dato dalla costituzione di un altro stato, in quanto scandalum acceptum, non è una lesione (giuridica), si intende:

  1. che il popolo di quello stato non ha il proposito di traviare gli altri, dato che si occupa solo della sua organizzazione interna;

  2. che gli altri possono seguirne o meno l'esempio sulla base delle loro scelte e valutazioni libere;

  3. e che dunque nessuna responsabilità giuridica per il comportamento altrui può ricadere su quel popolo.

La costituzione di cui si parla può essere, di per sé, buona o cattiva; ma in ogni caso essa è solo l'organizzazione interna di un popolo; l'imitazione da parte di altri non è frutto di una coazione ingiusta, bensì di una loro scelta libera. Questo argomento non è suscettibile di difendere soltanto la libertà della Francia rivoluzionaria di darsi il regime che preferisce, ma anche quella dei popoli sotto monarchie assolute di conservare il loro. Può infatti essere adoperato anche per condannare la guerra cominciata dalla Francia stessa contro l'Austria, la Prussia e il regno di Sardegna allo scopo di estendere la rivoluzione. Vale la pena ricordare che, nel 1792, fu la Francia a dar formalmente inizio al conflitto con le monarchie, e non viceversa. Lo stesso Robespierre, all'epoca, era contrario alla guerra:

L'idea più stravagante che possa nascere nella testa di un politico è credere che a un popolo basti entrare a mano armata presso un popolo straniero per fargli adottare le sue leggi e la sua costituzione. Nessuno ama i missionari armati; e il primo consiglio dato dalla natura e dalla prudenza è di respingerli come dei nemici. 7

Uno scandalum datum, rispetto a una scandalum acceptum, è moralmente più grave, perché comporta, in chi dà scandalo, l'intenzione consapevole di indurre gli altri al peccato. Nel nostro testo, Kant chiama ein gegebenes Skandal, cioè uno scandalo dato, 8 l'interferenza armata nella costituzione di uno stato unitario. Perché, in questo caso, il cattivo esempio è tale da comportare una corresponsabilità da parte di chi dà scandalo nel comportamento altrui?

La costituzione di uno stato singolo, per quanto cattiva, è solo un principio di ordinamento interno; di contro, la guerra per cambiare la costituzione di un altro stato viene giustificata da chi la fa sulla base di un principio di diritto internazionale. Non dobbiamo dimenticare che il trattato ideale che è oggetto della Pace perpetua riguarda i rapporti fra stati: in questa sfera, solo la proclamazione di un principio di diritto internazionale “interventista” è suscettibile di dare un cattivo esempio, cioè indurre altri stati a dichiarare guerre adducendo la medesima giustificazione.

Nella Vorlesung über Moralphilosophie la differenza fra scandalum datum e acceptum viene, del resto, chiaramente spiegata secondo la sistematica della teologia morale, in questi termini:

Tutti gli scandala sono o data o accepta. Scandalum datum è ciò che è inevitabilmente fondamento necessario di conseguenze malvage sull'eticità altrui; scandalum acceptum è ciò che è solo un fondamento contingente di conseguenze malvage nell'eticità altrui. 9

La tesi di Kant nel V articolo preliminare è dunque la seguente: nella sfera internazionale l'interferenza armata nella costituzione di un altro stato – almeno finché questo stato sussiste nella sua integrità - è assai più riprovevole della permanenza di una costituzione presunta cattiva.

L'individuazione dei termini teologico-morali usati da Kant è una minuzia filologica, ma può essere utile per mettere in luce una peculiarità del cosmopolitismo di Kant: nessun popolo ha il diritto di mettersi in cattedra per dare agli altri lezioni di “democrazia”. Una dimensione cosmopolitica si raggiungerà solo quando si riconoscerà l'uguaglianza dei popoli – che comprende anche la libertà di ciascun popolo già costituito in società civile di darsi una costituzione repubblicana soltanto se la sceglie spontaneamente.

3. Non esistono guerre giuste

Questa lettura del quinto articolo preliminare corrobora la tesi che per Kant, nella prospettiva morale, non può mai darsi una guerra giusta. Nel secondo articolo definitivo di Zum ewigen Frieden, i giusnaturalisti teorici dello jus belli vengono chiamati leidige Tröster, fastidiosi consolatori, proprio come gli amici di Giobbe (15-16) i quali, dal fatto che egli aveva tante disgrazie inferivano che doveva anche essersele meritate. 10 Dal fatto della forza non può seguire in generale nessun diritto: il diritto, in quanto parte della morale, è la legittimità delle azioni esterne dal punto di vista delle leggi della ragion pura pratica, e non il risultato di un giudizio di Dio. L'annotazione al sesto articolo preliminare lo spiega chiaramente:

...poiché la guerra è però il triste strumento imposto dalla necessità nello stato di natura (ove non esiste nessun tribunale che possa giudicare in modo giuridicamente valido), per affermare il proprio diritto con la violenza e in questo caso nessuna delle due parti può essere interpretata come un nemico ingiusto (perché questo presuppone già una sentenza giudiziaria), bensì solo l'esito della guerra stessa (proprio come in un cosiddetto giudizio di Dio) decide da che lato è il diritto, fra stati non si può pensare una guerra punitiva (bellum punitivum) (perché fra loro non ha luogo una relazione di sovraordinato e subordinato). 11

Non è casuale che Kant si pronunci così sulla guerra proprio negli articoli preliminari. La Pace perpetua è scritta nella forma di un trattato fra stati; ed è pregiudiziale, perché questo trattato possa essere stipulato, che gli stati rinuncino a pensare la violenza bellica come una crociata. Il progetto kantiano, in altre parole, serve ad eliminare la guerra come mezzo legittimo di soluzione delle controversie, non a distinguere fra conflitti “giusti” e “ingiusti”. In questa prospettiva, bisogna anche distinguere con la massima attenzione i livelli dell'argomentazione di Kant: le considerazioni di filosofia della storia contenute nella Garanzia per la pace perpetua, per le quali la guerra, nelle mani della natura daedala rerum, ha un ruolo significativo per lo sviluppo culturale dell'umanità, 12 non possono avere rilevanza morale. Questo risulta già chiaro dal carattere della figura giuridica della garanzia. 13

La natura, dice Kant, si fa garante dell'adempimento dell'obbligazione umana alla pace perpetua. Tuttora, in un Garantievertrag 14 l'obbligazione del garante è intesa come differente e indipendente rispetto all'obbligazione della persona la cui prestazione viene assicurata. Tale obbligazione, a sua volta, non viene meno per la presenza dell'obbligazione del garante. E così era anche nel diritto naturale che Kant conosceva:

Ma per la sicurezza del patto ha luogo la prestazione di garanzia (guaranda, guarantia), la quale è una promessa entrata nella lega da ambo i lati, ma anche fatta soltanto a uno, che quanto convenuto deve essere mantenuto; di conseguenza il garante (guarandus), che ha dato l'assicurazione, è tenuto a prestare un ausilio, di cui si è reso promettente, contro colui il quale non vuole mantenere quanto convenuto, se l'altro ne ha bisogno, e perciò non è colpevole se tale aiuto non viene richiesto. [...] Inoltre, poiché una prestazione di garanzia ha come ambito di attenzione solo il beneficio di coloro per i quali avviene, essa può aver luogo anche senza la consapevolezza o la consultazione di coloro nei confronti dei quali è stata stabilita. [...] Infine poiché a nessuno è lecito togliere all'altro il suo diritto, allora la prestazione di garanzia non può essere compresa altrimenti che come il fatto che in essa il diritto del terzo rimane non offeso. 15

La presenza della natura, in altri termini, non esime l'uomo dai suoi impegni morali; il modus operandi della natura e quello dell'uomo non sono intercambiabili. Il garante interviene con i suoi mezzi in caso di inadempienza da parte di chi è tenuto alla prima obbligazione, ma senza bisogno di interpellarlo o di ottenerne la collaborazione. Fuor di metafora: le azioni delle natura e quelle dell'uomo, nel perseguimento della pace perpetua, sono completamente eterogenee: la natura può usare la guerra in senso provvidenziale. L'uomo non può farlo: se lo facesse, infatti, verrebbe meno alla sua obbligazione primaria, che è quella di perseguire la pace attraverso il diritto. Per il politico morale devono valere le pregiudiziali imposte già dagli articoli preliminari: non esistono guerre giuste, e anzi la stessa convinzione che una guerra sia qualcosa di più di una triste necessità imposta dallo stato di natura rappresenta un ostacolo sulla via della pace. In casi come questi, rimane, certamente, la speranza che intervenga la natura come garante, ma si tratta di una soddisfazione ben magra: quando gli uomini non fanno il loro dovere, la natura interviene con i suoi strumenti sanguinosi, di cui non vi sarebbe necessità se l'obbligazione primaria venisse adempita.

Per quanto le letture contestualistiche, per le quali ciascun pensatore è figlio del proprio tempo, possano essere utili, esse hanno il limite di confinare anche i grandi filosofi nell'orizzonte ristretto della propria epoca, di modo che il loro interesse per noi può avere tutt'al più un carattere evolutivo. Di contro, una interpretazione del testo che cerchi, in luogo di ridurlo al contesto, di trattarlo come un interlocutore da comprendere direttamente, rende possibile produrre una prospettiva critica anche sull'epoca dell'interprete. Rende cioè possibile leggere Kant non tanto come un opinionista che si occupa della rivoluzione francese e delle sue guerre – se la Pace perpetua si riducesse a uno scritto d'occasione per celebrare la pace di Basilea avrebbe per noi un interesse soltanto storiografico – quanto come un filosofo che critica la guerra, anche quando è condotta sulla base di giustificazioni “umanitarie” e pedagogiche. In questo caso particolare, è difficile negare che una tale interpretazione di Kant produca tesi di una attualità quasi cronistica. Ma non c'è da esserne sorpresi; prendere i testi sul serio, liberandoli dai vincoli dell'individualità, significa farli uscire dalla lettera e farli rientrare nella vita di quella comunità di sapere condiviso che potrebbe essere la filosofia nel suo Weltbegriff. 16

4. Lo strumento della ricerca

L'apparato bibliografico dei paragrafi precedenti è composto quasi interamente di pagine web. Non è un caso, bensì una scelta che voglio rendere esplicita allo scopo di affrontare una questione metodologica che ritengo, in questo momento, decisiva per gli studi umanistici.

Gli studiosi del '700 avevano una cultura amplissima. Non stupisce, pertanto, che Kant sia familiare con termini propri della sistematica giuridica e teologico-morale. Non stupisce nemmeno che i traduttori contemporanei – in un'epoca di maggiore specializzazione e settorializzazione, perfino all'interno degli stessi studi kantiani - non si siano resi conto del tecnicismo delle parole di Kant. Io stessa, pur incuriosita da una espressione che mi sembrava bizzarra, non ne sapevo niente. E tuttavia, una volta accesasi questa curiosità, mi sono state sufficienti un paio d'ore di ricerca per risolvere il problema, tramite tre diversi search engine cui ho sottoposto una serie di parole chiave rilevanti. Nel corso di questa indagine, il primo risultato che ho ottenuto è stato l'ambito tecnico – la teologia morale – in cui si collocava il termine. 17 Tutto il resto è venuto da sé.

L'esito della ricerca, peraltro, è dipeso anche da elementi fortunosi. La trattazione sistematica di B. Häring di cui alla nota 6 è infatti in rete in un sito spagnolo che raccoglie risorse per parroci e predicatori, i cui curatori, in perfetta buona fede, hanno messo on-line opere ancora sotto copyright. La Vorlesung über Moralphilosophie, la cui trascrizione è stata pur meritoriamente messa on-line dalla Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften, è stata tuttavia di importanza soltanto secondaria per la ricerca, perché i curatori hanno scelto un formato non indicizzabile da parte dei search engine. Ma perfino in circostanze come queste, la rete mi ha aiutato a risolvere velocemente una annosa crux. Se tutti gli studiosi adottassero la strategia della pubblicazione on-line e si ponessero il problema dell'accessibilità dei loro testi, il loro lavoro diventerebbe molto più facile, molto più interconnesso, e, infine, molto più vicino allo spirito di Kant.



[2] I. Kant, Kritik der reinen Vernuft, B VII.

[3] Il testo citato è parte dalla mia traduzione in corso d'opera reperibile presso: <http://bfp.sp.unipi.it/classici/kantzef.html>; I. Kant, Zum ewigen Frieden, BA 9,10.

[4] F. Gonnelli, in I. Kant, Scritti di storia, politica e diritto, Roma-Bari, Laterza, 1995, p. 205, n.8.

[5] Similmente anche D. Losurdo, Autocensura e compromesso nel pensiero politico di Kant, Napoli, Bibliopolis, 1983, p. 174 ss. Losurdo pensa che l'eccezione al principio del non-intervento, prevista da Kant nel caso di stati non più unitari, sia stata fatta ad hoc per giustificare l'annessione francese del Belgio del 1794; il medesimo argomento, tuttavia, potrebbe giustificare anche la ri-occupazione del Belgio stesso nel 1790, da parte delle truppe austriache, dopo che lo stato unitario proclamato a gennaio, in seguito alla rivoluzione del Brabante, era caduto in preda a discordie intestine a causa della rivalità fra cattolici e liberali. Del resto, come Losurdo stesso ricorda (op. cit. p. 175), Kant non riteneva legittima la rivolta del Brabante in seguito alla violazione della Joyeuse Entrée da parte di Giuseppe II; il combinato disposto con Über den Gemeinspruch; Das mag in der Theorie richtig sein, taugt aber nicht für die Praxis, A 259-260 farebbe pensare che il filosofo avesse per lo meno in mente anche questa vicenda: “Infatti di solito la riuscita si intromette nel nostro giudizio sui fondamenti giuridici, per quanto quella sia incerta ma questi certi. E' chiaro però che, per quanto riguarda questi ultimi, anche se si concede che tramite una tale ribellione al principe del paese (che avesse eventualmente violato una joyeuse entrée come contratto che stia effettivamente a fondamento nel suo rapporto col popolo) non avvenga nessuna ingiustizia - il popolo tuttavia con questo modo di perseguire il suo diritto ha compiuto in sommo grado ingiustizia: perché tale modo (accolto come massima) rende insicura ogni costituzione giuridica e introduce la situazione [Zustand] di una completa mancanza di legge (status naturalis), ove ogni diritto smette, come minimo, di avere effetto.

[6] Si veda, esemplare per la sua chiarezza, B. Häring, Das Gesetz Christi. Moraltheologie. Dargestellt für Priester und Laien. Freiburg i. B., Wewel, 1961 ss, libro II, sezione II, parte 1.2, cap. II; trad. it. La legge di Cristo, Brescia, Morcelliana, 1969, pp. 518-519. Una versione spagnola è disponibile on-line presso <http://www.mercaba.org/Haring/II/102-135_pecados_contra_amor_projimo.htm>.

[7] La plus extravagante idée qui puisse naître dans la tête d'un politique est de croire qu'il suffise à un peuple d'entrer à main armée chez un peuple étranger, pour lui faire adopter ses lois et sa constitution. Personne n'aime les missionnaires armés; et le premier conseil que donnent la nature et la prudence, c'est de les repousser comme des ennemis” (M. de Robespierre, Discours prononcé au club des Jacobins le 2 janvier 1792, <http://membres.lycos.fr/discours/guerre.htm>).

[8] Nelle traduzioni che ho consultato, comprensibilmente, sembra mancare la consapevolezza del senso tecnico di ein gegebenes Skandal: J.F. Poirer e F. Proust traducono semplicemente “elle constituerait un scandal” (E. Kant, Vers la paix perpetuelle, Que signifie s'orienter dans la pensée? Qu'est-ce que les Lumiéres?, Paris, Flammarion, 1991, p. 79). J. Gibelin traduce “ce serait bien là donner lieu à un scandale” (E. Kant, Projet de paix perpétuelle, Paris, Vrin, 1990, p. 8); W. Hastle traduce “It would, therefore, itself be a cause of offence” (Kant's Principles of Politics, including his essay on Perpetual Peace. A Contribution to Political Science, Edinburgh, Clark, 1891, <http://oll.libertyfund.org/Texts/Kant0142/PrinciplesOfPolitics/HTMLs/0056_Pt05_Peace.html>); H.B. Nisbet traduce “Such interference would be an active offence” (Kant: Political Writings, Cambridge. Cambridge U.P., 1991, p. 96)

[9] I. Kant, Vorlesung über Moralphilosophie, hrsg. v. W. Stark; Berlin, De Gruyter, 2004; la trascrizione critica del manoscritto Kaehler aggiornata al 2005, da cui cito, è disponibile on-line qui; <http://www.bbaw.de/forschung/kant/moral/moral.htm>, purtroppo in un formato compresso che rende difficile rintracciare il testo con un motore di ricerca: “Alle Scandala sind entweder Scandala data oder accepta. Scandalum datum ist was nothwendigerweise ein nothwendiger Grund ist von bösen Folgen auf die Sittlichkeit anderer; scandalum acceptum ist was nur ein zufälliger Grund von bösen Folgen auf die Sittlichkeit anderer ist” (p.204).

[10] I. Kant. Zum ewigen Frieden, BA 33, 34.

[11] I. Kant. Zum ewigen Frieden, BA, 14.

[12] I. Kant. Zum ewigen Frieden, BA 52 ss.

[13] I. Kant. Zum ewigen Frieden, BA 48: Kant usa il termine Gewähr, specificando fra parentesi Garantie.

[15] C. Wolff, Grundsätze des Natur- und Völckerrecht (1754), §1149, in Id. Gesammelte Werke, Bd. 19, Hildesheim-New York Georg Olms Verlag, 1980, traduzione mia.

[16] Si veda su questo importante tema della Critica della ragion pura l'ipertesto di F. Di Donato, Conoscenza e pubblicità del sapere. Le condizioni della repubblica scientifica a partire dall'Architettonica della ragion pura di Kant, 2004-2005, in Bollettino telematico di filosofia politica <http://bfp.sp.unipi.it/dida/arch/index.html>, in particolare a <http://bfp.sp.unipi.it/dida/arch/ar01s06.html>.

[17] L'occorrenza che mi ha dato questa indicazione è stata precisamente il cap. XVI di G. Gillespie, A Treatise of Miscellany Questions, pp. 85-88 in The Works of George Gillespie volume 2, Still Waters Revival Books reprint: “If an ordinance, imposing the taking of the covenant under a considerable penalty, be to the army scandalum acceptum, the not passing of such an ordinance will be scandalum datum to the city of London”. <http://www.swrb.com/newslett/actualNLs/sl&cgil.htm>

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