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Anindita N. Balslev, Riflessioni sui diritti della donna e sulle norme culturali*
La complessa questione dei diritti della donna può essere definita, senza esagerazione, come uno dei più importanti temi di interesse attuali. Il modo in cui trattiamo i vari problemi che si intersecano con questo vasto tema, indubbiamente, influenzerà profondamente la qualità della vita degli esseri umani nei prossimi secoli. Attraverso l'espressione «esseri umani», intendo unicamente sottolineare che la questione della donna non è un argomento astratto o secondario, come un'indagine dei prevalenti dibattiti sui diversi temi sociali - eccettuati gli ultimi decenni - potrebbe far sembrare. Sebbene le donne costituiscano metà del genere umano e la loro presenza nelle società abbia sempre avuto e continui ad avere un impatto incisivo sulla vita di coloro con i quali condividono la propria esistenza, la loro sfera di influenza, le loro scelte ed azioni sono state, in passato, rigorosamente limitate, naturalmente con poche eccezioni. Affermare questo significa rilevare, con un senso di speranza, che i meccanismi di espressione collettiva dell'identità femminile, così come le auto-rappresentazioni delle donne stesse sono stati oggetto di importanti cambiamenti in tempi recenti, sebbene l'impatto effettivo debba ancora essere sperimentato sulla loro vita, a livello globale. Ciononostante, da quanto è stato detto, spesso sembra che le donne siano sempre state consapevoli del ruolo che ricoprono nella società. Sapevano che gli altri avevano dei doveri nei loro confronti, ma che concepivano principalmente i ruoli che erano per lo più loro assegnati, in larga parte secondo la serie di doveri attinenti a tali ruoli e, solo occasionalmente ed in maniera sporadica - più come individui che come gruppi - avevano manifestato lo stesso interesse che viene oggi attribuito ai loro diritti. E' quindi necessario sottolineare che una precisazione dei diritti della donna - non soltanto de iure ma de facto, comporta una trasformazione dell'intero sistema nel quale viviamo, con tutte le relative implicazioni sociali, politiche ed economiche. Mentre riflettiamo sul tema dei diritti della donna, dobbiamo tenere presente che, nonostante la somiglianza sessuale, le situazioni femminili non sono affatto simili. Le donne, così come gli uomini, non formano un insieme omogeneo. Ci sono varie linee di demarcazione che interessano la religione, la razza, la nazionalità, l'etnia, la classe e via dicendo, che sono ben presenti e che danno origine a limiti e confini che, talvolta, le donne stesse trovano difficile trascendere. In questo senso le donne, così come gli uomini, sono membri di gruppi differenziati. Questi ultimi formano una parte importante di «ciò che è dato» della vita, nei confronti della quale, come individui, stiamo incominciando a reagire. Tuttavia, in merito alla questione presente, è fondamentale rilevare che, al di là delle varie altre forme di identità di gruppo che le donne condividono con gli uomini, sembrano esservi determinate analogie nelle situazioni femminili che sono permeate da un senso di malessere originato da discriminazioni sessuali. In altre parole, nonostante sia chiaro che troppo spesso gli uomini membri di questi gruppi eterogenei siano vittima di vari tipi di oppressione, la loro categoria sessuale non è stata considerata un limite. Lo scenario è piuttosto diverso quando ci concentriamo sull'umanità separandola in base alla linea di appartenenza sessuale e osserviamo le conseguenze della diversità sessuale sulle donne. Possiamo a questo punto inoltre notare che i tipi di discriminazione cui sono soggette le donne - alcuni dei quali più evidenti di altri - variano a seconda del diverso contesto culturale. Alle donne che sono presenti in questa sala, per esempio, è stato garantito il diritto di istruzione, mentre ve ne sono milioni e milioni là fuori che vengono discriminate nell'avere pari opportunità da varie forze sociali che plasmano i loro destini. Per una migliore comprensione delle situazioni femminili nei diversi contesti sociali ritengo immensamente valida un'attenta lettura delle narrazioni interculturali. Molti di queste racconti costituiscono ricco materiale cui attingere e mostrano chiaramente i diversi aspetti di tali discriminazioni, così come il genere di preoccupazioni che sono occasionalmente espresse dalle donne stesse in merito a ciò che oggi definiamo «i diritti della donna». Queste storie ci narrano di alcune donne che si sono fatte sentire - molto spesso più attraverso sfide individuali che non - di tanto in tanto, per un po' di tempo, scuotendo l'opinione delle tradizioni socio-intellettuali ed etico-religiose, solo per poi ritornare nella profondità del silenzio. Dato il valore dell'epica classica - il Mahabharata - nella vita culturale indiana, vorrei iniziare con un avvenimento descritto in questo antico poema epico, il quale, probabilmente così come molti altri avvenimenti documentati attraverso diverse fonti culturali, ha lasciato un'impronta inconfondibile nella mente dei lettori. Sono propensa a credere che tutte quelle storie abbiano contribuito, indubbiamente, ad una seria riflessione sui diritti della donna, un fatto che ha acquisito gradualmente una dimensione legale e politica che è impossibile oggi ignorare. Ora, per capire la natura essenziale di questa dettagliata storia, pensiamo ad un momento drammatico nella vita di Draupadi, la principessa che incarna il ruolo femminile principale all'interno del lunghissimo racconto. Quest'ultima è costretta ad apparire ad un'assemblea pubblica dove sono presenti tutti i più importanti componenti maschili della comunità. La situazione è causata da Duryodhana, il personaggio malvagio che, secondo i costumi del tempo, aveva invitato il marito di Draupadi, Yudhisthira, a giocare a dadi. Tuttavia, essendovi l'abitudine di barare e giocare d'inganno, per questo motivo, Yudhisthira gradualmente perde tutto, scommettendo a poco a poco il proprio regno, i propri fratelli, se stesso e persino la propria moglie. La sbigottita Draupadi, a questo punto della storia, rivolge all'assemblea una domanda estremamente significativa che ha delle implicazioni sociali, morali e legali. Domanda immediatamente in che fase del gioco il marito l'avesse persa e se ciò fosse avvenuto primo o dopo che egli avesse perso se stesso. In realtà, Yudhisthira aveva prima perso se stesso. Stando così le cose, Draupadi chiede con esattezza agli eminenti membri dell'assemblea - che erano considerati gli esperti dei codici legali e morali praticati nella società di quel tempo - se il marito avesse davvero il diritto di usarla come posta da mettere in gioco dopo avere perso se stesso. Stranamente, ci furono poche proteste e anche quest'ultima non proveniva da coloro che erano di fatto le figure preminenti dell'assemblea. Tutti i membri di sesso maschile più importanti - continua il racconto - sedevano «con il capo abbassato per il dilemma morale» [4]. Persino il rispettabilissimo bisnonno Bhisma, che era presente alla riunione, borbotta qualcosa del tipo che una moglie deve obbedire al marito e che un marito non scommette la propria moglie. Infine, ammette pubblicamente che è incapace di rispondere alla sua domanda, in quanto il confine della morale è molto sottile, sollecitandola a chiedere a Yudhisthira stesso. Yudhisthira, il quale era considerato la personificazione della giustizia era, sfortunatamente, incapace di parlare in quel momento. Ciononostante, rimane il fatto che la voce di Draupadi fu ascoltata e scritta e, da allora, non è mai stata dimenticata.
Pensare ai diritti della donna oggi, quando le voci delle donne hanno definitivamente rotto quell'antico silenzio e sono sempre più esigenti, ora che le asimmetrie nelle relazioni di genere sono state rimosse per qualche tempo dalle sfere di vita pubbliche e da quelle private, ci si potrebbe ancora chiedere quali norme che operano all'interno dei diversi sostrati culturali facciano - anche se nell'ambito delle argomentazioni teoretiche - della retorica dei diritti umani uno strumento non sufficientemente potente da rendere giustizia alla questione. Perché questa retorica non è in grado di includere i diritti di quella metà di umanità che rappresenta? Questa osservazione non è fatta con l'intento di sminuire o indebolire in nessun modo l'importanza di ogni elemento della dichiarazione universale dei diritti umani, ma per sottolineare che, se questa retorica fosse sufficiente, non ci riuniremmo per discutere in merito ai diritti della donna o per perorare la causa dei diritti della donna in quanto diritti umani.
A questo punto vorrei soffermarmi sulla mia corrispondenza con il famoso filosofo pragmatista americano Richard Rorty, pubblicata con il titolo di Cultural Otherness [5]. In questo scambio, quando siamo giunti ad affrontare come convincere tutte le società a considerare le donne come «persone complete», Rorty dubitava del fatto che, come ha affermato: «la retorica dei diritti umani universali-possa essere qui d'aiuto. La retorica si è diffusa per duecento anni più o meno e solo pochissimi dei suoi esponenti hanno pensato che "umano", nel senso più rilevante, includesse le femmine». Egli poi continua dicendo che «Le femministe contemporanee a mio parere hanno ragione nel dire che "persona" nella tradizione filosofica occidentale ha avuto significato in quanto "persona di sesso maschile". (Prima che alle donne fosse concesso il diritto di essere elette nel parlamento federale in Canada, la frase fondamentale nella costituzione recitava "tutte le persone"). Quando le femministe portarono l'attenzione sul fatto che le donne fossero persone, i tribunali giunsero persino a dire che non erano mai state considerate tali, nel senso rilevante del termine, cosicché, presumibilmente i filosofi pragmatisti e quelli non pragmatisti sarebbero stati messi in imbarazzo per le loro discussioni. Non si poterono appellare né all'intenzione degli artefici del documento né al consenso dell'elettorato e tanto meno alla storia dell'umanità».
Parlare di tali scenari è utile per tenere a mente il tipo di volontà intensa e di sforzo persistente che fu necessario affinché le donne ottenessero ciò che hanno ottenuto, ma è anche indicativo di ciò che sarà ancora costantemente necessario prima che, attraverso efficaci negoziazioni sociali, saremo capaci di raggiungere uno stadio, si spera, che possa essere considerato un'accettabile rappresentazione di una realtà sociale che abbia raggiunto un equilibrio di potere nell'ambito dell'identità di genere.
Stabilito che gli strumenti legali costituiscono un modo estremamente efficace per apportare mutamenti ai ruoli di genere stereotipati, dal momento che forniscono un canale attraverso il quale le strutture di potere esistenti possono essere messe in discussione, forse è altrettanto pertinente, nell'ambito di questa conferenza, domandarsi che cosa i filosofi siano in grado di fare per questa causa. Mi sembra che non sia possibile dettare il corso del pensiero filosofico secondo nessun tipo di schematizzazione, né predire in quale inaspettato modo le interpretazioni e le analisi filosofiche, insieme alle intuizioni e alle critiche, saranno considerate utili in questo senso. Sono tuttavia propensa a credere che il pensiero filosofico - attraverso la denuncia della comune essenza degli affari umani, la critica derivante dalle debolezze e dalle tensioni interne al patriarcato, così come sono state portate avanti da molte filosofe femministe, o ancora, attraverso la costruzione di meta-narrative universalistiche, ispirate da intuizioni significative di varia provenienza culturale, è stato indubbiamente utile alla causa negli ultimi decenni e resta una potente risorsa per promuovere dei mutamenti di opinione. Ciò che maggiormente conta non è condurre una battaglia a favore di una preferenza per un candidato o per generare un gergo vuoto del tipo «Diritti umani o Pragmatismo», ma essere desiderosi di usare qualsiasi risorsa disponibile per dare forza al processo innestato al fine di trasformare un sistema pieno di pregiudizi. Nonostante il fatto che siamo consapevoli che, tuttavia, resti ancora molto da fare, si può affermare che alcuni passi molto importanti, che hanno tratto profitto da tali riflessioni filosofiche, siano stati compiuti con grande successo in ambito socio-legale. Riflettendo sui diritti della donna, oggi, in quanto tema riconosciuto tra quelli all'ordine del giorno del nuovo millennio, è di fondamentale importanza ricordare e ripensare il genere di lotta che è stata combattuta, il cammino che è stato fatto e considerare il tipo di difficoltà e di ostacoli che ancora impediscono la completa realizzazione dei traguardi sui quali esiste già un consenso interculturale [6]. Per poter comprendere l'influsso reciproco che hanno le norme culturali esistenti e le lotte femminili in varie parti del mondo, è necessario oggi conoscere più approfonditamente i rapporti di potere all'interno di una determinata società. Tuttavia, noi donne abbiamo appreso molto per diretta esperienza e dalla raccolta di materiale, costituito da narrazioni di fatti, così come da racconti di vario genere e romanzi che rispecchiano le società attraverso le culture. A parte questi ultimi, vi sono biografie e autobiografie lasciate da singoli uomini e da singole donne di varia provenienza che raccontano le molte sfaccettature delle pratiche discriminatorie dirette contro le donne, causa di molte vite distrutte per coloro che vi sono state sottoposte. Esse sono, per molti aspetti, utili a risvegliare la coscienza e costituiscono strumenti di rafforzamento, rendendoci capaci di identificare quelle componenti dei giochi di forza che permettono i disequilibri all'interno delle relazioni di genere. Inoltre, possiamo avvalerci delle descrizioni degli ultimi decenni che narrano la recente storia delle varie fasi in cui azioni congiunte hanno portato alla messa a punto, negli anni Quaranta, di sotto commissioni con il fine di indagare e determinare la situazione delle donne negli Stati Uniti e, successivamente, alla costituzione di una commissione specifica sulla condizione della donna. Da allora, ci siamo mosse sulla linea di una serie di conferenze locali e internazionali, sino alla Convenzione della Donna, portando alla luce il ruolo e la condizione femminile, sino a condurre in prima linea il tema dei diritti della donna, intesi come diritti umani.
Sebbene le leggi abbiano, in un modo o nell'altro, sin dai tempi antichi governato la vita dei membri di una determinata comunità, i sistemi legali sono divenuti, senza ombra di dubbio, sempre più complessi nel corso degli anni e svolgono un ruolo sempre più determinante nel mantenimento dell'ordine con l'avvento di società multietniche sugli scenari nazionali ed internazionali. Sono necessarie leggi in grado di rimuovere le discriminazioni sociali esistenti, sia che si tratti della questione del genere o di altro, quando ciò sia possibile. Oggi, molti tentativi vengono condotti attraverso vie legali. Infatti, persino nell'India pre-indipendente, i riformisti sociali, come Ranade ed altri, affermarono categoricamente che uno dei modi fondamentali per cambiare il sistema sociale a svantaggio delle donne sia quello legale. Di conseguenza, i vari tipi di leggi sociali relative, per esempio, al matrimonio, in quanto leggi che definiscono l'età del matrimonio, il diritto di scioglierlo e di risposarsi, hanno iniziato a riflettere i mutamenti che sono stati applicati alla società per mezzo di strumenti legali. Comunque, sappiamo anche che il processo di conquista dei diritti legali per le donne è stato lento ed è soggetto a fasi ampiamente divergenti nella storia delle diverse nazioni. Ad un'attenta analisi, molte delle leggi che sembravano neutrali rispetto al genere sono risultate essere del tutto inutili a questo proposito e ciò che il sentimento di sorellanza ha reso evidente è che molte di queste leggi erano esse stesse discriminatorie nei confronti delle donne, in quanto riguardavano praticamente tutte delle questioni importanti come il divorzio, la proprietà, i figli, l'istruzione, la professione via dicendo. La lista è veramente molto lunga. L'idea egalitaria del contesto multinazionale, che costituisce il fulcro del movimento per i diritti della donna, ha logicamente spostato lo sguardo allo scenario legale. Sfortunatamente ha svelato quanto spesso, attraverso l'impiego di metodi legali, le donne siano state poste in una condizione di subordinazione rispetto all'uomo, come è avvenuto attraverso le leggi sul matrimonio, quelle sulla proprietà e sulla persona. Qualcuno ha giustamente osservato [7] che spesso i diversi sistemi di leggi sulla persona sembrano operare contro i diritti della donna.
Alcune di queste sono questioni di massima importanza per una società multietnica come l'India. Vorrei citare brevemente un esempio, il famoso caso Shah Bano. Questo è il caso per cui, nonostante tutte le proteste dei gruppi femminili, in pratica di tutte le comunità etniche, persino la decisione della Corte Suprema a favore delle donne coinvolte è stata respinta. Questo è stato fatto attraverso la manipolazione delle leggi che permettevano, in questo caso, ad un musulmano di sesso maschile di divorziare dalla moglie dopo trenta anni di matrimonio, senza dover pagare gli alimenti, anche quando si sapeva che la stessa viveva da indigente, basandosi sul principio che, secondo la legge musulmana, è sufficiente restituirle la dote. Ciò ci dimostra quanto sia difficile, nell'ambito di un contesto multietnico e multireligioso, proteggere gli interessi della donna in una situazione in cui una legge criminale vecchia di secoli è inutile e come la legge che tutela i diritti della persona all'interno di una determinata comunità possa cancellare tali interessi a spese delle donne di quella determinata comunità.
Questo genere di situazioni analoghe dal punto di vista legale continuano a moltiplicarsi. Sappiamo tutti di casi in cui le donne erano deprivate del diritto di proprietà a causa di leggi discriminatorie sulla proprietà fondate su consuetudini che vanno a svantaggio della donna nei casi di divorzio e di eredità. Vorrei sottolineare la necessità di un progetto interculturale, ben organizzato nell'identificare tendenze e modelli relativi ai diversi tipi di violazioni contro la donna a livello globale. E' importante creare delle opportunità affinché donne di varia appartenenza possano incontrarsi, confrontarsi e discutere su come i diritti legati alla cultura possano essere concepiti in modo da non inficiare i diritti della donna. Le pratiche etniche che vanno apertamente contro le donne saranno abbandonate quando le donne si porranno al di sopra della loro etnia e riconosceranno che tali pratiche non sono state al di sopra del genere.
Comunque, nonostante il riconoscimento delle manchevolezze degli attuali programmi, è evidente che le richieste di libertà da parte di coloro che sono vittime della discriminazione e della deprivazione di vario genere abbia portato dei miglioramenti significativi della condizione legale delle donne. Ciononostante, come sappiamo, molti di questi restano disattesi oppure sono elusi da raffinate scoperte di modi con cui eludere la legge, i quali indicano i limiti delle possibilità di conquista del potere esclusivamente tramite le vie legali. Questo risulta opportuno non solo in quei casi che riguardano le proibizioni del matrimonio per minorenni, dei sistemi legati alla dote o delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro, ma anche in ambienti molto più complessi, dove le donne interessate non sono né illetterate né povere o inconsapevoli della propria condizione legale. Si possono elencare varie domande: Che cosa fare quando vi è conflitto tra i diritti della donna e le leggi ordinarie e/o religiose? Perché in contesti specifici, persino nei paesi più evoluti, nonostante le necessarie qualifiche delle donne, molti luoghi di lavoro, inclusi i dipartimenti universitari, restano ancora baluardi per soli uomini oppure lasciano entrare pochissime donne solo per pressioni di tipo politico? Perché, nonostante tutte le promulgazioni legali, la rappresentanza politica delle donne è così scarsa in paesi che si vantano del fatto che non ci sia molto che non sia ancora stato fatto dal punto di vista legale per aprire la strada alla parità sessuale? E' qui che i molti volti della discriminazione divengono evidenti. Vorrei fare a questo punto alcuni commenti in merito al vasto tema dei diritti della donna e delle differenze culturali. Quando parliamo di diritti della donna, stiamo trattando una questione con dinamiche complesse. Dal punto di vista più ampio, non stiamo qui parlando di un gruppo minoritario, ma di metà dell'umanità. Sono quindi propensa a credere che una delle più grosse sfide di fronte a noi riguardi nuovi modi di esplorare le risorse e le potenzialità esistenti all'interno delle varie culture, promuovendo «il dialogo interculturale» su questioni di interesse globale, tra i quali uno centrale risulta essere quello dei diritti della donna. Occorre ricordare, a questo proposito, che una delle strategie più utilizzate per ingannare gruppi di persone e tradizioni, sia che si tratti di quella socio-storica riferita alla natura umana che di quella etico-religiosa espressa dal carattere distintivo, si basa sul mito delle «differenze essenziali», descritte come grosse barriere impossibili da valicare. Queste rappresentazioni possono essere usate in vario modo. Una delle più astute e deplorevoli manipolazioni da parte di coloro che vorrebbero ostacolare una presa di posizione attiva a favore dei diritti della donna in quei paesi che stanno tentando di dare nuovo impulso al proprio sistema socio-politico, dopo le deprivazioni protratte a lungo dalle imposizioni coloniali, è esattamente quella di trarre vantaggio dalle differenze culturali. In pratica, ciascun tentativo di modificare le pratiche sociali e legali che erano considerate particolarmente svantaggiose per le donne di un particolare assetto viene sminuita se definiamo il tentativo come un'imposizione di valori da parte di una classe dominante estranea e alcune leggi internazionali civili come misure di controllo delle pratiche culturali locali. Questi ultimi vengono attuati in maniera talmente perfetta che persino molte donne possono essere sollecitate alla protesta sociale in nome del mantenimento di pratiche locali ed etniche senza rendersi conto che, in molti casi, si tratta di persuasioni che si attengono allo status quo [8].
L'alterità culturale, in realtà, non deve essere considerata necessariamente un limite. Spesso una conoscenza autentica della «diversità» delle tradizioni e le opportunità di partecipazione alla vita culturale degli «altri» possono risultare risorse di cui tutti gli interessati hanno facoltà di beneficiare. Per esempio, notiamo a questo proposito, come, con la crescente attenzione allo studio delle donne e della religione, la grande varietà di immagini e di icone, insieme alla base teoretica che le accompagna, abbia recentemente risvegliato notevolmente l'interesse accademico. Il culto della dea e, di conseguenza, l'attenzione alla tradizione religiosa indiana, in quanto luogo eletto della divinità femminile, ha permesso ad un gruppo di studiosi di controbilanciare i comportamenti che sono espressione esclusiva del patriarcato, interessandosi a particolari questioni sociali, politiche o prettamente religiose.
E' successo proprio questo. Il modo di percepirsi delle femministe si è arricchito attraverso lo studio della «divinità femminile», poiché ciò ha permesso di attuare nuove strategie interpretative. La femminilizzazione del Divino, specialmente in culture come quella indiana, fornisce una base cognitiva e teoretica non solo per i culti e le pratiche religiose esistenti, ma si può pensare che rafforzi il progetto femminista in maniera inaspettata. Il culto della dea non costituisce solamente il nucleo di un fondamento teologico, ma è espressione di un simbolismo femminile che può rappresentare, secondo un'interpretazione laica, un elevamento della condizione sociale della donna e una propiziazione del suo corpo. In breve, la risorsa culturale dell'idea stessa di «dea» costituisce un aiuto estremamente utile per raggiungere una comprensione profonda della nozione di «femminile» ed un prezioso aiuto per immaginare opportunità a favore delle donne, lasciando che esse tentino il superamento dei confini classici dei tradizionali ruoli loro assegnati. In realtà, studi recenti mostrano che, nel contesto di una cultura socio-religiosa dove la glorificazione del maschile occupa da sola il posto centrale, è difficile accorgersi che le donne, così come rappresentate nella figura di una dea, hanno capacità e abilità intrinseche che consentono loro di raggiungere una vasta gamma di virtù. Non risulta pertanto sorprendente che una scrittice femminista risponda alla domanda «Perché le donne hanno bisogno di una dea?» [9] nel seguente modo:
L'affermazione del potere femminile espressa attraverso il simbolo della dea ha delle conseguenze sia di tipo psicologico che politico. Dal punto di vista psicologico, rappresenta la sconfitta della concezione originata dal patriarcato secondo cui il potere femminile non ha valore ed è pericoloso. Questa nuova 'inclinazione' dell'affermazione del potere femminile conduce inoltre a nuove 'motivazioni', sostiene e rafforza la fiducia nei propri poteri e quelli di altre donne all'interno della famiglia e nella società.
A questo proposito, è inoltre interessante vedere come il pensiero femminista rifletta esso stesso le ambivalenze generali, implicitamente o esplicitamente sostenute, relative al modo in cui viene considerata la differenza sessuale. Ci sono teorie, come sappiamo, che screditano le intrinseche differenze sessuali, mentre ve ne sono altre che le celebrano. E' necessaria una disamina delle diverse norme culturali che influenzano la formazione di queste particolari concezioni, sottolineando i loro effetti sui diversi modi di affermare e negare certi diritti alle donne. Le donne, in conseguenza di un'educazione tradizionale, sono spesso più consapevoli dei propri «doveri» che dei propri «diritti». Rammentiamo l'osservazione fatta nel 1975 da Indira Gandhi, Presidente del Consiglio donna dell'India di allora: «Le donne indiane hanno più diritti di donne di altri paesi, ma esistono vaste aree in cui le donne soffrono, all'interno delle quali forse non sono coscienti dei loro diritti». Credo che «forse» possa in larga parte essere sostituito con «perché». Il fatto è che non sono coscienti dei propri diritti e questo spiega perché non solo in India, ma a livello mondiale, le donne restano il più grande gruppo di «minoranza», nonostante che provvedimenti costituzionali , di fatto, garantiscano alle donne «gli stessi diritti sociali, economici e politici» degli uomini. Penso che il dibattito sui diritti della donna sia oggi utile e significativo solo per una porzione molto piccola della popolazione femminile mondiale. Non si tratta solo di trasmettere un sapere, ma è necessario esaminare le informazioni relative alla differenza sessuale che vengono impartite attraverso canali formali e informali. E' necessario sopperire alle lacune che vengono normalmente trasmesse nei primi anni di vita di un'informazione basilare relativa alle differenze di genere, di modo da generare un riconoscimento dei diritti delle interessate e una gamma di doveri reciproci.
Sembra che una delle sfide più importanti del nostro secolo sia un sistema istruttivo più informato, che tenti responsabilmente di rinunciare agli atteggiamenti apertamente legati alla «doppia legge» nei confronti delle donne, aiutandole a riesaminare le loro identità stereotipate, prodotte dagli strumenti culturali esistenti e costantemente rinforzati da fattori quali i metodi pubblicitari, le rappresentazioni dei media e via dicendo. Un tentativo da parte di tutti per modificare l'ambiente - che faciliti una maggiore partecipazione delle donne nei processi di formazione decisionale e sociale, specialmente in relazione alle questioni economiche e politiche - potrebbe condurre ad un ampliamento delle opportunità di lavoro per le donne e potrebbe promuovere in maniera significativa un cambiamento negli atteggiamenti sociali e nei valori. In altre parole, è necessario modellare le politiche educative in modo che non tendano a emarginare le donne. La discriminazione economica della donna ha indubbiamente contribuito in vasta misura alla sua svalutazione. Tutto questo ha relazione con questioni come il feticidio e l'infanticidio femminile. Le nuove tecnologie dell'informazione posso essere molto utili se vengono utilizzate con l'intento di promuovere un senso di comunità globale multiculturale. Un senso di comunità attraverso le diversità culturali produrrebbe un riconoscimento maggiore dei legami e degli interessi comuni, nonostante le diverse consapevolezze e opinioni divergenti in merito ai vari argomenti fondamentali. Infine, ciò trasformerebbe il modo in cui noi donne ci consideriamo e siamo considerate dalle nostre controparti maschili nella sfera pubblica. Come appena detto, anche quando «i diritti della donna» sono perfettamente riconosciuti da uno stato , la domanda fondamentale che sorge è: chi controlla le violazioni sui diritti della donna? Un organizzazione sui diritti umani internazionale, all'interno dalla quale, in particolare, le donne siano considerate altrettanto «umane» quanto gli uomini ha senso ed è significativa quando non solo i diritti civili e politici, ma anche quelli economici, sociali e culturali vengono presi seriamente dai membri della comunità internazionale. Ciò richiede il rispetto dei diritti così come un sistema che vigili sul grado di conformità nell'attendere ai diritti dichiarati. In altre parole, questo comporta sia il controllo che il riconoscimento delle violazioni dei diritti umani in questione. Comunque, in ambito internazionale, molti osservatori hanno ritenuto che, in generale, la «valutazione dell'esecuzione da parte dei partiti di governo» non è stata soddisfacente, specialmente in quanto tali considerazioni hanno «posto l'attenzione sull'analisi di riforme, piuttosto che sulla identificazione di violazioni» [10].
Il concetto di riforma, poiché riconosce il fatto «che la piena realizzazione di certi diritti non può essere conseguita in breve periodo, non impone un obbligo immediato sul partito di maggioranza nel rispettare ed assicurare tutti i diritti fondamentali» (suppongo che il carattere legale sia qualcosa del tipo che lo stato ha l'obbligo di esecuzione, ma non l'obbligo di risultato, come afferma l'articolo 2 della convenzione sui diritti politici e civili). A questo proposito si può notare che una chiara definizione di questi diritti è un argomento che merita ancora molta attenzione - necessaria affinché le varie rappresentanze, da quelle non governative sino agli enti pubblici statunitensi sui diritti umani, possano vigilare dallo strato più basso sino al livello statale. Se la retorica dei diritti umani non è stata sufficientemente valida sino ad oggi nell'imporsi a livello pubblico come «completamente umana», al fine di rendere giustizia alla subordinazione femminile, dobbiamo studiare in maniera più approfondita perché sia stato particolarmente difficile rafforzare i diritti della donna secondo le norme che sono stabilite nella convenzione sui diritti economici, sociali e culturali (adottata nel 1966, apparentemente in vigore dal 1976). Dobbiamo pensare che questo sia dovuto ad una mancanza di misure giuridiche che hanno tralasciato di condannare e punire la discriminazione contro le donne in quanto violazione dei diritti umani? Oppure dovremmo considerare più attentamente gli strumenti sociali e formativi che non sono riusciti a condurre ad un cambiamento di opinione e hanno sempre impedito quei cambiamenti che i governi hanno cercato di promuovere?
Questo spiega perché sia facile osservare che le misure legali sono necessarie ma non sufficienti per generare i cambiamenti desiderati. Credo che, a meno che gran parte della gente non venga sensibilizzata e informata appropriatamente sui problemi di origine sociale che negano i bisogni della donna, molto spesso diffondendo visioni distorte sulle potenzialità e sulle capacità della donna, l'auspicato corso di azioni non potrà fare seguito alla creazione di nuove leggi. Inoltre, molto spesso agli uomini è permesso di rimanere ignari rispetto a queste interpretazioni sociali così come dei propri privilegi sessuali e costi sociali. In altre parole, parlando da un punto di vista generale, tutti noi dobbiamo renderci conto del nostro ruolo nella costruzione di una realtà sociale dove il sessismo, il razzismo e l'imperialismo possono prosperare. E' evidente che senza uno sforzo consolidato nell'educare sia le donne che gli uomini a mettere in discussione lo status quo, anche l'avanzamento della scienza e della tecnologia in sé non eliminerà automaticamente le pratiche sociali che favoriscono vari tipi di discriminazione. Per esempio, pensiamo alle conseguenze dovute alle possibilità di nuove tecniche utili alla determinazione del sesso del feto e a come questo abbia contribuito ad aumentare il feticidio femminile. A questo proposito vorrei sottolineare ancora una volta che l'oppressione non e' affatto un concetto unico. Si manifesta attraverso una grande varietà di espressioni. L'imposizione del potere si manifesta attraverso diverse linee di stratificazione di gruppo, che interessano solitamente i bambini e gli anziani, ad esempio la razza, la religione, l'etnia, la classe e persino l'età. Vi sono fasi storiche in cui la maggioranza opprime la minoranza e ve ne sono altre in cui è la minoranza ad opprimere la maggioranza in un determinato contesto. Sappiamo che non è difficile trovare esempi di questo, negli scenari nazionali attuali così come in passato. Comunque, in merito alla presente analisi, è importante ricordare che solo le donne sono vittime dell'oppressione, quando la questione riguarda la discriminazione sessuale.
Sono propensa a credere che impartire un'educazione secondo questa linea, attraverso le istituzioni educative, potrebbe avvantaggiare notevolmente la situazione. Per il miglioramento di un dialogo interculturale che possa veramente essere d'aiuto nell'elevare la qualità di vita delle donne nel mondo, dobbiamo essere in grado di analizzare la relazione tra varie istituzioni socio-politiche nei confronti della società in generale, a seconda dei diversi contesti culturali e occorre notare come vengono mantenute le strutture di potere, non solo in nome dell'etnia, della religione, della razza, ma anche del genere. Il raggiungimento dei diritti della donna può essere definito come uno scopo che necessita di una significativa trasformazione della società tradizionale e costituisce un'importante forma di rivoluzione sociale. Non è soltanto la promulgazione di nuove leggi a garantire i diritti della donna, è necessario tentare di colmare quelle lacune che consentono ad una data società di eludere la legge nella pratica. Comunque, dobbiamo qui aggiungere che il maggiore traguardo attuale sia quello di avere iniziato ad ascoltare la voce delle donne.
Prima di concludere, vorrei sottolineare che non mi sorprende affatto che in alcuni ambienti femminili la sfida alla discriminazione sessuale sia considerata una minaccia per tutte le forme di differenza umana che vengono interpretate in base a «differenze essenziali e naturali». Queste interpretazioni vengono credute naturali e insormontabili e hanno prodotto la spartizione degli esseri umani in gruppi dominanti e subordinati secondo la razza, la religione, l'etnia, la nazionalità e il genere. Così, se l'affermazione dei diritti della donna è considerata una minaccia a causa di questi profondi limiti, in quanto nega di prendere parte allo status quo, rappresenta sicuramente un riconoscimento del potere femminile nel trasformare la società umana. Vorrei ricordare a questo proposito il contenuto del messaggio che il Mahatma Gandhi inviò alla Conferenza indiana della Donna, tenutasi nel 1936, quando affermò le seguenti parole: «Quando la donna, che noi chiamiamo abala (ovvero "senza forza", "debole"), diviene sabala (ovvero "provvisto di forza", "forte"), tutti coloro che sono indifesi avranno il potere».
* Conferenza presentata al congresso mondiale di filosofia sociale e del diritto, New York, 1999.
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