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BFP - Home | Titoli :: schede di lettura: L. Irigaray, Speculum. L'altra donna

Luce Irigaray, Speculum. L'altra donna
(Speculum. De l'autre femme, Les Editions de Minuit, Paris 1974)



Prima parte: Il luogo cieco di un antico sogno di simmetria

Una scheda di lettura

Secondo la Irigaray il primo riconoscimento di Freud, tra maschile e femminile, è un riconoscimento troppo sicuro e facile.
L'ammissione di Freud di una bisessualità, in cui sempre prevale un carattere, è un'incognita nella scienza cui la psicologia prova ad attribuire un significato. Tuttavia secondo la Irigaray, il richiamo all'esempio della zoologia crea malintesi, poiché si fonda sulle assunzioni che la donna sia passività e che diventare donna non sia altro che riconoscere e accettare la propria atrofia fallica.

Con l'ingresso nella fase fallica le differenze passano in secondo piano, e però secondo Freud il passaggio dalla bambina alla donna normale è più difficile e complicato di quello che attende il maschio: se la bambina è un ometto svantaggiato, la donna normale è un uomo meno la capacità di (rap)presentarsi come uomo.

Freud porta così due colpi alla scena della rappresentazione: "un primo quando fa fallire una certa concezione del presente ponendo l'accento sulla posteriorità.
Un secondo quando definisce la differenza sessuale in funzione dell'a priori del medesimo, e ricorre ai procedimenti di sempre: paragone, simmetria, opposizioni dicotomiche".

La svolta verso la femminilità implicherebbe due spostamenti: l'abbandono della fase clitoridea e la cessione d'importanza alla vagina (lo spostamento della zona erogena) e il rifiuto dell'amore materno in favore di quello del padre (cambiamento di oggetto).
Così, mentre l'attrazione lascia il ragazzo ai suoi amori originari, spinge la bambina a staccarsene.

Ma perché la bambina passa dall'amore verso la madre all'odio?
Secondo la Irigaray il desiderio d'origine della bambina subisce più che uno spostamento, un esilio: per la donna non c'è alcuna possibile rappresentazione della propria libido perché la sua vita pulsionale è fondata sulla mancanza, la scoperta dell'assenza di qualcosa che il padre ha.
Inoltre, aggiunge la psicoanalista francese, non è assolutamente falso né assolutamente vero che la seduzione sia una pura fantasia della bambina; il padre seduce la figlia ma poi, per tenersi lontano dal suo desiderio, legifera contro di esso.
Infine, se davvero la bambina accusa la madre quando nasce un altro figlio, ciò avviene in una prospettiva in cui il bambino, la madre, il padre, l'istituzione familiare in quanto tale, esigono esclusività, non ammettono spartizioni.

E comunque il vero motivo per il quale l'amore verso la madre si trasforma in odio si trova proprio dove Freud, scrive, se lo aspettava, e cioè nel complesso di castrazione: il sesso femminile è unheimliche [perturbante].
La bambina non ha niente da dare in visione, cioè non ha niente, niente sesso; sembra proprio che, per la donna e da parte sua, non sia possibile un'economia della rappresentazione della sua sessualità. Perciò la sua mancanza la porta a sottomettersi e a lasciarsi comandare dalle "leggi del discorso desiderio maschili".
Quali sono queste leggi? La Irigaray procede a svelarle attraverso una serie di questioni:
La bambina ha davvero invidia del pene?
Che rapporto esiste tra l'invidia e il desiderio dell'uomo?
L'invidia implica mancanza, ovvero il rovescio di un sessualismo maschile. Non può essere, invece, mancanza reciproca?
Perché la donna si sottomette e mima tanto bene le produzioni/proiezioni dell'uomo?

Un punto centrale per rispondere alle domande passa secondo la filosofa francese attraverso il problema dell'elaborazione delle pulsioni di morte. Questa è proibita alla donna, la quale serve da luogo e da tempo per la sublimazione e controllo del lavoro della morte (Vorstellung e Repräsentanz).

Secondo Freud, prosegue la Irigaray, la bambina dopo aver visto gli organi del maschio, vive in un'attesa delusa.
Dunque l'invidia (il trattamento di questa) è un passaggio obbligato dell'analisi, ed è divenuto uno dei temi più dibattuti tra gli analisti.
Ma perché rappresentare la bambina negli stessi termini del maschio?
La scoperta della castrazione porta in tre direzioni:
1. inibizione sessuale o nevrosi;
2. complesso di mascolinità;
3. femminilità normale.

Per la donna dunque l'evirazione dapprima è vissuta come disgrazia individuale, ma poi, scoprendo nella madre lo stesso difetto, colpita nel suo narcisismo la bambina è costretta alla rimozione delle sue pulsioni sessuali.
Per la bambina la madre è insieme il suo primo oggetto d'amore e il punto di riferimento privilegiato per l'identificazione del suo 'io' e del suo sesso. Poi, secondo Freud, una volta scoperto il suo essere castrato, la bambina non può che trovare la soluzione della malinconia (una depressione dolorosa; l'affievolirsi dell'interesse per il mondo esterno; la perdita della capacità d'amare; l'inibizione d'ogni attività; l'abbassamento della considerazione di sé).

Però, secondo la Irigaray, non esiste nessun linguaggio o sistema di rappresentazioni in grado di simbolizzare la sessualità femminile: la donna non dispone d'immagini.
La bambina si trasforma in normale, e la svolta è riuscita se la rimozione in seguito alla scoperta di essere castrata non elimina troppe cose: non c'è traccia in questa evoluzione di un desiderio di piacere femminile.

La situazione femminile infatti sarebbe affermata quando il desiderio del pene è sostituito da quello del bambino; così

1. perché l'essere donna si affermi, la femminilità deve lasciare il posto alla maternità.
2. la felicità è completa se il bambino è maschio ed ha il pene.
3. il bambino è puro prodotto e sostituto del pene.
4. il bambino maschio significa che il seme è immortale e supera l'uovo.
5. una simile concezione del bambino è tributaria di un primato dell'erotismo anale sulla sessualità genitale (la donna è colei cui l'uomo dona il seme perché lo faccia fruttare: si ripete il distacco delle feci, ma senza piacere e la donna entra nel circuito della (ri)produzione senza trattenere alcun piacere per sé).
6. la concezione e la nascita del figlio ripropongono la questione del principio: del rapporto della donna con il proprio principio e con la posizione di un'economia dell'originario.

Non avendo né "verità" né "copie", niente di "proprio", la sessualità detta femminile farà perdere la vista a chi viene coinvolto nel suo problema. Occorre proteggere lo sguardo dandogli il solo punto di vista della sessualità maschile.

Distrutto il complesso di Edipo interviene un complesso Super-io. Nella bambina invece secondo Freud il complesso di evirazione prepara il complesso edipico; qui si tratta semplicemente di constatare un fatto o un destino biologico. Questa è la costruzione del Super-io femminile. In realtà, prosegue l'autrice, Freud definirebbe un Super-io che disprezza il sesso femminile perché non lo conosce, e dunque lo teme.

La femminilità non è definita in altro modo che come un'ondata di passività, che rassicura dalla morte (e dal pericolo della guerra). L'uomo padre è garante dei sistemi di rappresentazione, ideali, del sistema sociale, e questa teleologia è prescritta dalla natura.

Anche l'analisi della frigidità, in questo quadro, confermerebbe la passività femminile. Ma è veramente una conferma? Sembra invece un sintomo che rivela come il piacere della donna e la rappresentazione che di esso ci si fa sono troppo repressi, rimossi.

La descrizione dell'omosessualità femminile come regressione per le delusioni ricevute dal padre che Freud offre con l'analisi del caso della donna omosessuale, vede lo psicoanalista dichiarare il fallimento della cura per mancanza di transfert. In realtà ciò mostra mplicemente che la specificità del desiderio tra donne non viene svelata né detta.

Altre peculiarità del femminile secondo Freud sono :
1. un narcisismo esorbitante;
2. la vanità fisica, che dipende dall'invidia del pene;
3. un naturale pudore, come intenzione di nascondere il difetto;
4. la capacità di intrecciare relazioni;
5. il nesso tra uno scarso senso di giustizia e il permanere dell'invidia;
6. interessi sociali più deboli;
7. capacità di sublimazione più ridotta;

La Irigaray risponde a queste assunzioni in modo critico e traccia un modello di femminilità secondo altri attributi e qualità:

1.alla donna si presenta davvero l'opzione tra amare ed essere amata?
2.la donna può scegliere se essere o meno vanitosa del proprio corpo?
3. forse, esibisce i gioielli per nascondere meglio il sesso.
4. la capacità di tessere e intrecciare rispondono alla metafora del sesso della donna, tessuto a più strati (quello di donna e quello di madre).
5. nel considerare il nesso tra senso della giustizia e invidia occorre ricordare che la donna entra nella pratica degli scambi solo come merce.
6. Quali sono gli interessi sociali delle donne? Freud non ne parla, perché l'inferiorità sociale della donna è semplicemente replica di quella sessuale.
È importante chiedersi quale struttura economica determini la concezione del ruolo della donna che troviamo in Freud. Solo con la famiglia patriarcale e la famiglia individuale monogamica, infatti, la direzione dell'amministrazione domestica perdette il suo carattere pubblico e divenne un servizio privato. "Come in grammatica due negazioni fanno un'affermazione, così nella morale matrimoniale due prostituzioni fanno una virtù", scrive Engels.
Non si può dunque dire che Freud abbia torto, se si limita a descrivere una condizione. Ma i suoi enunciati sono in più normativi e regolano una pratica.
7. Nelle donne la capacità di sublimazione è più ridotta solo nella misura in cui la sessualità femminile è considerata una sessualità maschile ridotta.Il desiderio della donna parla solo nei sogni.

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Ipertesto a cura di Francesca Di Donato (france[at]sssup.it) Valid XHTML 1.0!