Ontologia, filosofia della cultura e totalitarismo nella Germania di Weimar
Un convegno celebrativo della Ernst-Cassirer-Gesellschaft sulla disputa Heidegger - Cassirer a Davos
ll 24 e 25 settembre 1999 si è svolto presso la
Forschungsstätte der evangelischen Studiengemeinschaft di Heidelberg un
convegno celebrativo del settantesimo anniversario del seminario di Davos,
organizzato dalla Internationale Ernst-Cassirer Gesellschaft. Al seminario
hanno preso parte alcuni tra i maggiori studiosi della filosofia di
Cassirer, ed è intervenuto anche Jürgen Habermas, che nel ruolo di ospite
d'onore ha presieduto la tavola rotonda conclusiva. Il programma dei lavori ha
compreso due sessioni, a ognuna delle quali è stata dedicata una giornata
di studio. Nella prima sessione si sono succeduti interventi
ricostruttivi delle problematiche affrontate a Davos, i quali hanno
delineato il profilo critico di quella stessa disputa che nel corso del
tempo si è potuta avvalere dei progressi della ricerca tanto sulla
filosofia di Heidegger, quanto su quella di Cassirer.
Dopo il
saluto di Heinz Wismann, direttore della FEST, il presidente della
Cassirer Gesellschaft Enno Rudolph ha aperto i lavori ricordando il
valore della figura di Cassirer nel panorama della filosofia
contemporanea, e ha messo in luce il ruolo di oppositore culturale negli
anni del regime nazista svolto dal filosofo neokantiano. All'introduzione
di Rudolph ha fatto seguito il primo intervento, che è stato svolto da
Wolfgang Röd. Questi si è soffermato sul tema centrale posto a
confronto a Davos, vale a dire su quella stessa interpretazione della
filosofia trascendentale che Heidegger voleva porre sulla linea
dell'ontologia, e che Cassirer, al contrario, intendeva caratterizzare
come una presa di distanza dalla stessa. La relazione di Röd ha affrontato
temi molto interessanti, per concludersi con la ricostruzione della
posizione trascendentalista di Cassirer, interpretata ora come una teoria
applicabile esclusivamente alla sfera dell'esperienza, e pertanto come
un'apertura a quella stessa finitezza che Heidegger risolve invece nella
differenza ontologica, attribuendole una dimensione totalmente negativa.
La seconda e la terza relazione del convegno, tenute
rispettivamente da Dorothea Frede e Pierre Aubenque, hanno
inserito i temi della filosofia cassireriana e della filosofia
heideggeriana nel panorama degli studi dell'ermeneutica
contemporanea. In particolare, la Frede ha messo in rilievo il fatto che
la posizione di Heidegger negli anni venti non era volta ad aprire una
frattura all'interno della tradizione filosofica europea, quanto piuttosto
a ricercare, con maggiore radicalità di quanto avevano fatto le varie
scuole neokantiane, il fondamento da porre al problema della 'domanda
sull'essere'. Si potrebbe dire che Heidegger ricercò la radice
comune tanto della questione della verità, quanto di quella
dell'origine storica delle varie sfere del mondo umano. Proprio in ragione
di questo tema trova fondamento il contrasto tra i due filosofi
nell'interpretazione dell'umanesimo. Al contrario di Heidegger, Cassirer
ha preso le mosse dal tentativo di rinnovamento del rapporto dell'uomo col
mondo, e, sulla via della tradizione umanistica europea, ha
costruito il suo progetto di una filosofia della cultura. In merito
ad una tale questione, nella discussione conclusiva della giornata
l'obiezione più apertamente 'politica' è stata mossa da Enno Rudolph, il
quale ha ricordato come, per quel che riguarda la filosofia politica,
l'analitica esistenziale heideggeriana ripercorre in modo necessario
quella stessa via decisionistica che Carl Schmitt aveva battuto
proprio negli stessi anni, sebbene sulla base di differenti posizioni
filosofiche. Il tema della morte e della 'tragedia della cultura' è stato
l'argomento specifico della relazione di Birgit Recki (La morte,
la cultura e la morale), interamente volta a stabilire la connessione
tra l'ontologia esistenziale heideggeriana e quella stessa cultura della
'fine' che, secondo la Recki, assume le sue conseguenze più radicali nel
rifiuto dell'umanesimo proposto da Heidegger. Non per motivi occasionali,
un tale rifiuto avrebbe legato la filosofia heideggeriana a quella forma
di fatalismo storico che Cassirer gli rimprovera nel Mito dello
stato. Al contrario di Cassirer, infatti, per Heidegger l'umanesimo è
"la natura ontica dell'essenza"; pertanto, è possibile risolverlo
all'interno di una ideologia. La medesima interpretazione dell'umanesimo
come 'ideologia' avvicina nuovamente Heidegger al pensatore di
Plattenberg. La filosofia politica che prende le mosse dalla
speculazione heideggeriana sarebbe così una filosofia negatrice dell'etica
della responsabilità. Contestando i fondamenti 'totalitari'
impliciti nell'analitica esistenziale, la Recki risponde polemicamente ad
un'affermazione di Ernst Tugendhat, secondo la quale "ogni uomo ha paura
dinanzi alla morte". In quanto evento proprio degli individui finiti, per
Cassirer la morte non intacca la funzione dell'opera universale degli
individui diretta all'ampliamento del processo di umanizzazione.
Una tale opera è il cómpito della cultura intesa quale processo continuo
di liberazione del genere umano dalle proprie limitazioni
esistenziali, e come attività aperta al lavoro dell'umanità per la
propria continuità storica.
La seconda giornata di lavori
si è presentata dominata dalla presenza di Habermas, che ha introdotto la
tavola rotonda conclusiva del convegno riportando l'attenzione dei lavori
sugli aspetti più specificamente filosofico-politici della disputa tra
Heidegger e Cassirer. La giornata si è aperta con la bella relazione
di Gabriel Motzkin, che ha sferrato un violento attacco
all'impostazione ermeneutica heideggeriana, rivendicando il valore della
metodologia analitica nelle discipline filosofiche. In questo senso, il
contributo di Cassirer a Davos è stato indicato come una chiara adesione
di una parte della filosofia tedesca all'ambito culturale anglosassone, ed
un tentativo d'emancipazione dalla chiusura 'metafisica' propria della
tradizione continentale. Quindi, la filosofia delle forme
simboliche rappresenta l'inizio della via cassireriana ad una
filosofia critica, antideologica ed antimetafisica, sviluppatasi
successivamente attraverso il progetto di una più ampia
Kulturphilosophie. Sulle stesse posizioni si è trovato anche
Habermas, che ha fortemente criticato la riduzione del probelma della
soggettività trascendentale all'ontologia del Dasein.Tuttavia, per
Habermas Cassirer rimane un esponente di quella stessa filosofia della
soggettività che affonda le proprie radici nell'età classica
tedesca. Anzi, Cassirer sarebbe stato "l'unico filosofo in grado di
trovarle una soluzione sistematica adeguata nell'epoca del soggettivismo".
Reiner Wiehl ha spostato l'attenzione dei lavori sul
neokantismo, la scuola filosofica dominante nella Germania di quegli anni.
Il movimento kantiano non sarebbe stato una semplice scuola, ma,
attraverso il contributo di Hermann Cohen accanto a quello di Cassirer,
avrebbe interpretato una visione speculativa specifica, finalizzata alla
deontologizzazione della filosofia. Attraverso il neokantismo l'
"individuo si presenta alla cultura europea come razionalità pura ed
avente disposizione al valore". Da parte sua John Michael Krois ha
espresso le proprie riserve sulla possibiltà di associare la filosofia dei
valori di Cohen alla filosofia della cultura di Cassirer, visto il
riferimento sostanziale che nel primo autore ha assunto il problema del
giudaismo. In ogni caso, a Davos non sarebbero stati a confronto semitismo
e antisemitismo, bensì soltanto due dottrine filosofiche che hanno sposato
due concezioni differenti del rapporto dell'uomo nel mondo. Convinto
invece della stretta caratterizzazione politica dell'incontro di Davos
è Angelo Bolaffi, per il quale Heidegger ha rappresentato
coerentemente una posizione pretotalitaria, che invece non sarebbe stata
comune a quella parte della cultura tedesca della Weimarzeit che
aveva come proprio riferimento Max Weber. A difesa di possibili aperture
della filosofia heideggeriana alle discipline ermeneutiche contemporanee è
intervenuto invece Dominic Kaegi, che ha tracciato il rapporto
dell'ermeneutica heideggeriana con quella di Gadamer. Infine, sollecitato
da Enno Rudolph, Habermas ha sviluppato argomentativamente il tema della
presenza nella filosofia della cultura di Cassierer degli elementi propri
di una teoria della comunicazione. Habermas si è detto convinto
dell'assenza in Cassirer di autentici riferimenti appartenenti alla teoria
dell'agire comunicativo, ma soltanto di una "interpretazione
strutturalistica, legata alla presenza dell'idea trascendentale delle
forme simboliche". Cassirer oggi è visto in Germania come la
figura filosofica di cesura tra due maniere di concepire la filosofia, le
quali hanno trovato la loro collocazione all'interno di quella separazione
politica e teorica della quale a Davos, di certo non in modo consapevole,
si è avuta la prima esperienza
effettiva.
Nico De Federicis
|