Bollettino telematico di filosofia politica
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Ultimo aggiornamento 24 luglio 2002

Sara Bentivegna, Comunicare in politica, Roma, Carocci, 2001.

Il testo di Sara Bentivegna si rivolge, grazie anche ad un linguaggio lineare e scorrevole, a tutti coloro che sono interessati ad approfondire il tema della comunicazione politica pur non possedendo specifiche competenze in materia. Comunicare in politica, infatti, vuole essere sia una occasione di riflessione sui principali temi della comunicazione in ambito politico, sia un contributo che integra altri studi in tale campo.

L'indagine prende le mosse dalla definizione della comunicazione politica, rivolgendo particolare attenzione agli attori e ai flussi comunicativi che la costituiscono. Bentivegna si richiama ad un recente lavoro di Giampietro Mazzoleni (La comunicazione politica, il Mulino, Bologna 1998) nel quale l'autore individua due modelli principali di comunicazione politica, quello pubblicistico-dialogico e quello mediatico. Secondo il primo modello gli attori della comunicazione si trovano coinvolti in un rapporto sostanzialmente alla pari che consente alle istituzioni politiche, ai cittadini - elettori e al sistema dei media di partecipare attivamente ai flussi comunicativi. In tal modo si viene a creare uno spazio, da Mazzoleni identificato con lo spazio comunicativo mediatizzato, nel quale tutti gli attori interagiscono contemporaneamente. Risulta evidente che nel modello pubblicistico-dialogico il sistema dei media, collocandosi alla pari con gli altri soggetti coinvolti, pur ricoprendo un ruolo importante, non esaurisce la dimensione comunicativa. Diverso è il discorso per il modello mediatico della comunicazione: qui il sistema dei media svolge realmente un ruolo determinante poiché si configura come lo spazio entro il quale si svolge la comunicazione degli altri soggetti coinvolti (pp. 14-18). In questo senso si può realmente parlare del fenomeno di “mediatizzazione della politica”, inteso come capacità da parte dello spazio mediale di incidere in maniera sostanziale sui contenuti stessi della comunicazione. Tale fenomeno, nei suoi aspetti degenerativi, secondo l'autrice, non è imputabile esclusivamente alla crescente importanza assunta dal sistema dei media, ma soprattutto alla crisi dei grandi partiti di massa e al conseguente disinteresse dei cittadini per la politica, sempre più concepita come una sfera autonoma e separata dalle reali esigenze della società civile. La conseguenza immediata è l'adozione dello schema game a danno dello schema governing, ovvero un'esasperata semplificazione del confronto politico, volta a presentare gli eventi pubblici, ad esempio una campagna elettorale, più come uno scontro personale fra candidati che come un reale dibattito sui diversi programmi (pp. 33-36). Da qui il grande successo del talk show, emblema di questa tendenza alla spettacolarizzazione della politica, il quale soddisfa contemporaneamente sia la volontà dei media di presentare il confronto politico come una horse race, sia i cittadini - elettori che, ragionando in termini di costi-benefici, desiderano ricevere informazioni sui temi politici senza essere però disposti a spendere molte energie nella ricerca di queste informazioni. Lo spostamento, per così dire, dalle piazze al talk show sta comunque a rappresentare, secondo Sara Bentivegna, un crescente bisogno da parte degli attori politici di riprendere e riattualizzare una forma di dialogo diretto con i cittadini, cercando nuove strade attraverso le quali stimolare quell'interesse e quella partecipazione che avevano caratterizzato il diffondersi dei grandi partiti di massa.

L'indagine si sposta a questo punto sui principali strumenti della comunicazione politica e, in particolare, sugli effetti prodotti da questi sui cittadini-elettori. Un aspetto va subito rilevato: studi recenti mettono infatti in evidenza che, perché una campagna possa produrre effetti significati sui cittadini, è necessario che gli elettori si trovino in una condizione di incertezza. I soggetti che già si identificano con un partito (il cosiddetto elettorato d'appartenenza) sarebbero infatti meno influenzabili dalla comunicazione politica, la quale per tali soggetti non riuscirebbe a produrre significativi cambiamenti nell'orientamento della decisione di voto. Dal momento che però assistiamo ad una costante crescita dell'elettorato che l'autrice definisce “fluttuante”, proprio a causa della crisi evidente nel rapporto fra cittadini e sfera politica, l'indagine sugli effetti torna a ricoprire un ruolo assolutamente centrale.

A proposito delle notizie è opportuno preliminarmente distinguere fra notizie televisive e notizie della carta stampata in base alle caratteristiche dei due diversi sistemi mediali, veloce e frammentario il primo, più lento e riflessivo il secondo. Generalmente si ritiene che le notizie della carta stampata producano una maggiore informazione su temi specifici e quindi siano qualitativamente migliori, mentre le notizie televisive, proprio a causa del loro susseguirsi con estrema rapidità una dietro l'altra, siano visioni parziali e incomplete. In questo quadro i lettori dei giornali rappresenterebbero un elettorato maggiormente informato e quindi in possesso di un maggior numero di strumenti per prendere una decisione di voto consapevole, mentre gli spettatori televisivi, oltre a presentare una notevole difficoltà nel ricordare le notizie ascoltate, possederebbero una minore conoscenza dei temi sostanziali del conflitto politico. In questi anni però, rileva Bentivegna, si sta facendo strada una diversa interpretazione volta non più a mettere in contrapposizione i due mezzi, ma a vedere nell'integrazione di uno con l'altro un reciproco completamento in grado di fornire una visione di insieme sia sui programmi che sui singoli candidati (pp. 36-40; pp. 77-81).
Anche il dibattito rappresenta un efficace mezzo di informazione sui temi della politica: in esso, infatti, i leaders politici si confrontano in modo diretto chiarendo le loro rispettive posizioni su temi specifici. Proprio perché ai candidati è lasciata ampia possibilità di gestire il confronto al di là di ogni mediazione giornalistica, l'eventualità che in questa occasione il sistema dei media modifichi forme e contenuti della comunicazione, è estremamente ridotta. Infatti, pur rappresentando l'“arena” nella quale il confronto si svolge, al sistema dei media rimane soltanto la funzione di commentare l'esito del confronto quando questo è già avvenuto. La conseguenza più evidente sul pubblico è che i cittadini-elettori, per ottenere un reale incremento di informazioni e formarsi un'opinione autonoma, sono costretti ad una partecipazione attiva, cioè a mettere a confronto le risposte fornite dai candidati e trarre da soli le conseguenze (pp. 40-44; pp. 81- 85).

Per quanto riguarda i talk show c'è da rilevare che, nonostante questo genere di comunicazione politica riscuota un notevole successo in molti paesi, tale fenomeno non deve essere identificato con un ritrovato interesse generale per i temi della politica. Più che altro il successo di questi programmi sta a testimoniare la fortuna di un particolare tipo di comunicazione nella quale gli spettatori possono ricevere in genere risposte facilmente comprensibili. Gli studi sui reali effetti nell'incremento delle informazioni raccolte in seguito all'ascolto di un talk show non conducono comunque a risultati univoci: secondo alcuni ricercatori gli spettatori di questo genere di programma possiedono un alto livello di istruzione e sono mossi da uno spiccato interesse per i temi della campagna; altri ritengono, al contrario, che siano contraddistinti da un basso livello di istruzione e da una scarsa attenzione per la dimensione politica. Per Bentivegna questa profonda diversità di risultati non consente di costruire un modello definitivo di interpretazione degli effetti prodotti da tale tipo di comunicazione politica (pp. 44-48; pp. 85-89).

Gli “spot” elettorali sono caratterizzati da informazioni semplificate e dirette, oltre che molto sintetiche. Come rileva Bentivegna, pur rappresentando una quota rilevante del budget dei candidati nella spesa per la campagna, gli “spot” continuano ad essere una delle modalità comunicative per le quali il reale riscontro positivo è più incerto. Una posizione di primo piano è attualmente occupata da una particolare tipologia di “spot”, i così detti “spot negativi”. Questi “spot di attacco”, usati prevalentemente nelle campagne elettorali statunitensi, hanno suscitato in genere dure polemiche, poiché sono apparsi un modo scorretto di fare politica, proprio per la loro volontà di mettere in cattiva luce gli avversari operando anche una distorsione delle loro proposte politiche: in realtà anche in tal caso esistono numerosi interrogativi circa la loro capacità di orientare le decisioni di voto a favore del candidato che li usa. Alcuni studiosi dei fenomeni della comunicazione politica sostengono che in realtà essi finiscano col provocare un vero e proprio effetto boomerang sul candidato, soprattutto quando gli attacchi all'avversario sono diretti non tanto contro il programma politico, quanto direttamente contro la sua persona. Bentivegna sostiene che anche per questa forma di comunicazione politica vale il principio espresso precedentemente, ovvero che la loro capacità di indirizzare la decisione di voto sia maggiore nei casi in cui gli elettori facciano parte della categoria “indecisi”: questo motivo spiegherebbe la loro incredibile intensificazione nei giorni che immediatamente precedono la fine della campagna elettorale, quando tutte le parti politiche cercano di conquistare il voto dei più incerti (pp. 48-53; pp. 90-93).

Anche i sondaggi hanno subito un notevole incremento negli ultimi anni. Il sondaggio, infatti, si inserisce perfettamente nella logica dello schema game grazie alla sua capacità di individuare con facilità chi sta “conducendo” nella sfida per la competizione elettorale. Quando si affronta il discorso sui possibili effetti dei sondaggi, rileva Bentivegna, si fa spesso ricorso a due concetti che è opportuno richiamare: il bandwagon effect e l'underwagon effect. Il primo effetto si verifica quando, in presenza di dati che indicano un sicuro vincitore e un altrettanto certo sconfitto, il consenso degli elettori tende a spostarsi verso il candidato dato per vincente. Il secondo, al contrario, si realizza nel caso in cui gli elettori tendono ad esprimere la propria preferenza per il candidato dato per perdente sulla base di un ragionamento che attiva quello che l'autrice definisce un “meccanismo di sostegno” (pp. 93- 97).

Il testo di Sara Bentivegna non si ferma ovviamente all'analisi delle forme tradizionali di comunicazione politica: un intero capitolo è dedicato alle nuove forme di comunicazione. La Computer mediated communication ha dei notevoli vantaggi facilmente osservabili: per prima cosa presenta dei costi di gestione di gran lunga inferiori alle altre forme comunicative sopra richiamate (si pensi, una fra tutte, agli spot). L'economicità, però, non riguarda soltanto i soggetti politici che danno vita al flusso comunicativo, ma i fruitori stessi di questo flusso, i quali possono avere accesso alla rete in un modo che, a seconda dei vari paesi, è più o meno gratuito. Inoltre con la Computer mediated communication non siamo più in presenza di una sola emittente che invia un unico messaggio ad una molteplicità di soggetti, ma ad un gran numero di media che invia una molteplicità di messaggi a molti soggetti (many to many medium), con la conseguenza di uno straordinario incremento nell'offerta di materiale informativo disponibile. Si tratta di scambi di informazione in effetti in tempo reale, con flussi comunicativi che procedono in due sensi e consentono quindi anche al destinatario di reagire al flusso e diventare a sua volta emittenti (si pensi alla posta elettronica). Le istituzioni politiche tendono a incentivare l'uso di queste nuove forme di comunicazione, oltre che per i vantaggi già richiamati, anche nel tentativo di recuperare un rapporto diretto con i cittadini e sfuggire così a quel fenomeno della mediatizzazione della politica, i cui effetti negativi sono stati in precedenza richiamati.

Economicità, velocità, mancanza di intermediari e possibilità di gestire direttamente il proprio flusso comunicativo rappresentano quindi i caratteri fondamentali delle nuove forme di comunicazione in web. È evidente che anche la Computer mediated communication presenta ad oggi dei vistosi limiti: uno fra tutti è quello della possibilità di accesso alla rete, viziato ancora da profonde diseguaglianze e visibile nell'opposizione fra paesi ricchi e paesi poveri, fra giovani e anziani, fra persone con differente reddito o istruzione. D'altra parte lo stesso incremento di informazioni non può essere semplicisticamente valutato in maniera positiva. È infatti indispensabile procedere ad un controllo e ad una verifica delle informazioni reperite in questo nuovo oceano di notizie; ciò rende necessaria un'attività di selezione del materiale raccolto da parte di colui che naviga: infatti se l'incremento di notizie non è accompagnato da una maggiore attenzione da parte di coloro che ad esse accedono non è possibile parlare di reale aumento delle conoscenze, ma solo di manipolazione più sofisticata (pp. 55-76).

L'ultimo capitolo riporta infine il testo di legge che disciplina le modalità di comunicazione politica in Italia (pp. 99-117). È la legge n. 28 del 22 febbraio del 2000 dal titolo Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica. Bentivegna afferma che questa legge viene a configurarsi come il risultato finale di un lungo processo che ha portato anche in Italia ad individuare regole per il corretto svolgimento di una campagna elettorale. L'autrice rileva che le dure opposizioni che la legge ha dovuto incontrare lungo il suo percorso stanno a testimoniare come in Italia esista una generale ostilità da parte dei soggetti coinvolti ad accettare qualunque tipo di regolamentazione. In realtà questa legge non ha fatto altro che avvicinare l'Italia agli altri paesi dell'Unione europea, fissando in norme i principi dell'imparzialità e della uguale possibilità di accesso ai canali della comunicazione proprio nell'interesse di un corretto svolgimento della vita democratica.

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Inizio pubblicazione on line:
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