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Ultimo aggiornamento 29 ottobre 2000
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Anthony Giddens, La terza via, tr. it., Milano, il Saggiatore, 1999.
In questo libro sono contenute due tesi essenziali:
Per quel che concerne la prima tesi, essa viene dimostrata facendo scorgere i mutamenti profondi che caratterizzano - rispetto all'epoca welfarista - questo momento storico, per quanto concerne il significato dei tradizionali valori politici o sociali dell'Occidente: la libertà e l'uguaglianza. Il fenomeno della "globalizzazione" ha ridimensionato in maniera sostanziale, pur senza eliminarlo, lo Stato-Nazione tradizionale. I problemi ecologici non si riducono ad un generico pericolo per l'ambiente più o meno agevolmente ovviabile, ma nascono dal fenomeno massiccio e irreversibile del succedersi di innovazioni tecnologiche tanto necessarie per lo sviluppo economico quanto "rischiose" e imprevedibili nelle loro conseguenze ambientali. Inoltre, è profondamente mutato il ruolo della donna nelle società industrializzate in virtù del suo inserimento nel mercato del lavoro che ha avuto conseguenze rivoluzionarie nell'equilibrio delle famiglie: sia per quel che concerne i rapporti tra coniugi o conviventi , sia tra questi ultimi e l'educazione dei figli. Infine tutte le società industriali contemporanee si configurano come società multietniche o multiculturali: ci troviamo di fronte a "nazioni cosmopolite. Se il significato dei valori di libertà ed uguaglianza è dopo l'epoca welfaristica tanto profondamente mutato e se dall'unione tra essi e le risorse economiche sono sempre nati in Occidente i nuovi diritti individuali, sarà necessario tentare di comprendere quali sono oggi questi nuovi diritti individuali. Essi si presentano innanzitutto come diritti di "genere", e in secondo luogo come diritti delle nuove minoranze etniche e culturali. In che rapporto si pongono questi nuovi diritti con quelli precedenti: civili, politici e sociali o welfaristici ? Proseguendo il ragionamento che sembra implicito nel libro, questi diritti si presentano contemporaneamente come diritti individuali postwelfaristici, nuovi o autonomi rispetto a quelli che li hanno preceduti, che presuppongono appunto i diritti sociali; e diritti che possono essere considerati altrettanto bene come un rafforzamento, un'estensione o un elevamento alla "seconda potenza" proprio dei precedenti diritti individuali, soprattutto civili e politici. Per quel che riguarda le donne, il loro inserimento non più episodico o marginale nella società industriale senza che per questo sia venuto meno il tradizionale ruolo "famigliare", ha creato per esse una vera e propria nuova situazione di inferiorità o di disagio che ha talora impedito loro di usufruire appieno dei tradizionali diritti civili e politici. Per ovviare a questa nuova situazione di inferiorità, è stato allora necessario "rinforzare" o "estendere" i diritti civili e politici tradizionali mediante la cosiddetta "azione positiva" o affirmative action ampiamente intesa; accordando alle donne la preferenza nell'affidamento dei figli in caso di divorzio; la possibilità di decidere unilateralmente in caso di aborto; la prevalenza fino a prova contraria della loro versione in caso di denuncia di "molestie sessuali" sul luogo di lavoro, ecc. I diritti delle donne si configurano contemporaneamente come tradizionali diritti civili e politici seppure "rinforzati" o alla "seconda potenza", e come diritti individuali nuovi o postwelfaristici. Lo stesso vale per la "nazione cosmopolita" o per i diritti delle minoranze etniche. Nella misura in cui queste ultime sono inserite legalmente nel mercato del lavoro - in cui accettano di svolgere le mansioni più ingrate e meno retribuite, che i cittadini occidentali non vogliono più svolgere - riconoscere tale inserimento significa semplicemente proteggerli dalla possibilità di prevaricazione o di sfruttamento o metterli in grado di usufruire pienamente dei tradizionali diritti occidentali di cittadinanza civili e politici. Nella misura però in cui le minoranze etniche o culturali sono oggi profondamente attaccate alla specificità della propria cultura o manifestano la deliberata volontà di non assimilarsi a quella occidentale contraddistinta sul piano politico proprio dalla nozione di universalità dei diritti individuali - è altrettanto indubbio che i diritti civili e politici ad esse riconosciuti si presentano come diversi da quelli tradizionali, ovvero presuppongono una situazione di "non reciprocità" o si mostrano anch'essi in realtà come diritti individuali nuovi o postwelfaristici. Qualcosa di analogo, anche se di segno rovesciato, era accaduto d'altronde in Occidente nel secondo dopoguerra o all'epoca dell'imporsi dei diritti sociali o del Welfare State. I nuovi diritti sociali -il diritto alla piena occupazione; il diritto all'istruzione o alla formazione; il diritto alla previdenza sociale; il diritto all'assistenza sanitaria ; il diritto alla difesa del cittadino consumatore nei confronti della concorrenza oligopolistica; ecc.- pur presentandosi immediatamente come nuovi diritti universali o generalizzabili a tutti gli esseri umani, rispetto ai precedenti diritti di cittadinanza civili e politici, potevano essere visti contemporaneamente come quei diritti la cui applicazione soltanto rendeva appunto realmente "concreti" o "sostanziali" gli stessi diritti di cittadinanza precedenti civili e politici; e come quei diritti la cui traduzione in pratica presupponeva proprio l'esistenza o l'autonomia di questi ultimi. Antonio De Gennaro
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![]() ![]() A cura di: Brunella Casalini Emanuela Ceva Dino Costantini Nico De Federicis Corrado Del Bo' Francesca Di Donato Angelo Marocco Maria Chiara Pievatolo Progetto web di Maria Chiara Pievatolo Periodico elettronico codice ISSN 1591-4305 Inizio pubblicazione on line: 2000 ![]() ![]() |
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