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aggiornamento 29 novembre 2002
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Le schede offerte dal BFP sono di Vincenzo Sorrentino e di Lucia Bonfigli.
![]() 18 (1998), 2 E.Prati, Tempi e forme della meccanizzazione. Lo "strano caso" di Walther Rathenau, pp. 279-310. W.Kaschuba, Gli specchi ciechi dei tedeschi. Memoria collettiva e identità nazionale nella Germania del dopoguerra, pp. 311-332. E.De Angelis, L'idea di nazione. Bilancio di un dibattito, pp. 333-340. Il dibattito tedesco sull'idea di nazione pare concluso, si può dunque tentare un bilancio. L'aspetto più rilevante, a parere dell’autore, è costituito dal fatto che tale dibattito è servito a rilanciare la nuova destra che si raggruppa, in buona parte, intorno al revisionismo storico. Tra le rivendicazioni che emergono all'interno di tale letteratura vi è quella di una riforma dell'ONU sulla base dei nuovi processi di regionalizzazione. Attraverso il dibattito, osserva l'autore, la nuova destra ha acquistato peso nel panorama culturale ed ha costretto a riprendere in considerazione i temi della "rivoluzione conservatrice". L'intellettuale di maggiore spessore teorico risulta Botho Strauß. Lo scrittore, basandosi sulle ricerche sul caos svoltesi in vari settori delle scienze naturali, considera l'evento politico come "emergenza" cui può essere data una risposta non dal pensiero razionale, ma dall'opera d'arte, che gli è strutturalmente analoga. Si tratta, per Strauß, di ricollegare la politica al mito. (V.S.) 19 (1999), 2 E.Amalfitano, Re-visioni e cecità, pp. 227-253. Oggetto dell'articolo è il dibattito sul nazismo svoltosi in Italia e in Germania negli anni '80 e '90. Partendo dallo scontro tra Nolte e Habermas e dalla discussione sorta in seguito alla pubblicazione del libro di Sergio Romano Lettera a un amico ebreo, l'autrice mette in evidenza il carattere meramente difensivo delle risposte date ai revisionisti dalla cultura progressista, la quale finisce per riproporre o il mito del liberalismo moderno o la bontà della teoria marxista, male interpretata dalla prassi comunista. Si tratta di risposte che mostrano spesso come il nazismo non sia stato compreso fino in fondo. Il Libro nero del comunismo, a parere dell'autrice, solleva domande ineludibili: perché la dittatura da transitoria è diventata permanente? Qual è il rapporto tra violenza comunista e violenza nazista? L'unicità del genocidio ebraico dipende dai metodi razionalmente premeditati e dal programma teorico che doveva essere attuato. Non ci si può, però, fermare all'idea, sostenuta tra gli altri da Bobbio, che il comunismo, a differenza del nazismo la cui teoria è già alle sue origini malvagia, appare un grande ideale che non ha trovato attuazione. E' necessario, infatti, chiedersi se la violenza, la cecità nei confronti dell'uomo, non sia già contenuta nella teoria comunista. Tale elemento di violenza è rintracciabile in quella che Losurdo definisce la despecificazione morale e politica rintracciabile nella Rivoluzione francese e in quella del '17, che escludeva determinate categorie di individui dal genere umano, anche se non su basi biologiche. In conclusione, l'autrice propone di mettere in discussione la definizione di umanità incentrata sul pensiero razionale e di cercare un più ampio criterio di definizione, un elemento universale capace di conferire da sempre, fin dalla nascita, umanità agli individui. (V.S.) 19 (1999), 3 A.Cavarero, Ombre di scrittura, pp. 323-338. 20 (2000), 2 Michel Vovelle, L'immaginario della rivoluzione francese, pp. 169-183. L'autore affronta l'argomento dell'eredità rivoluzionaria francese, attraverso un suo aspetto particolare: il discorso si focalizza attorno al problema della morte della memoria e delle cause del suo progressivo declino. Questa graduale perdita, da parte del popolo francese, della conoscenza del proprio passato rivoluzionario è dovuta al venir meno dei presupposti sociali e culturali, che ne assicuravano la trasmissione. Conseguenza di questo atteggiamento è la messa in discussione dello stesso concetto di rivoluzione: Vovelle ritiene che questa idea appartenga ad un mondo passato, il quale si discosta enormemente dalla situazione politica e sociale attuale. La rivoluzione è ormai finita; forse, suggerisce l'autore, la sola memoria che resta della Rivoluzione francese è il ricordo di una volontà di cambiare il mondo. (L.B.) Carlo Rossetti, Lo Stato-teatro, pp. 229-257. L'autore esamina la propaganda politica del nazionalsocialismo tedesco, attraverso lo studio del film-documentario di Leni Riefensthal Der Triumph des Willens. La peculiarità di questa pellicola sta nel fatto che il testo fu preparato e montato con la partecipazione diretta di Hitler e Goebbels: nel lungometraggio la tecnica cinematografica viene utilizzata con lo scopo di rendere la storia e la politica simili ad uno spettacolo teatrale. Il cinema, mediante l'azione rappresentata sullo schermo, ricostruisce la realtà fenomenologia della storia ed il suo significato, trasformandola in struttura narrativa: Der Triumph è la drammatizzazione pubblica della politica, o meglio, del sogno imperiale hitleriano. Questo effetto teatrale è accresciuto dalla presenza di elementi e simboli attinti dall'ambito religioso: questi ultimi sono utilizzati per trasmettere agli spettatori un'immagine messianica della persona di Hitler. Secondo Rossetti il movimento nazionalsocialista tedesco riscosse tanto credito tra la popolazione, perché fu avvertito come una specie di culto, avente un proprio Messia, una specifica fede, un particolare rituale di autorizzazione (o giustificazione) all'esercizio della violenza. (L.B.) |
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![]() ![]() A cura di: Brunella Casalini Emanuela Ceva Dino Costantini Nico De Federicis Corrado Del Bo' Francesca Di Donato Angelo Marocco Maria Chiara Pievatolo Progetto web di Maria Chiara Pievatolo Periodico elettronico codice ISSN 1591-4305 Inizio pubblicazione on line: 2000 ![]() ![]() |
Il settore "Riviste" è curato da Brunella Casalini, Emanuela Ceva, Corrado Del Bo' e Francesca Di Donato. |