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aggiornamento 2 dicembre 2003
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The Journal of Political Philosophy
La rivista è presente sul web ed è raggiungibile cliccando qui. Le schede offerte dal BFP sono di Emanuela Ceva.
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![]() F. Abdel-Nour, Liberalism and Ethnocentrism, pp. 207-26. L'articolo prende vita dalla definizione, proposta da Rorty in Objectivism, Relativism and Truth, di due tipi di etnocentrismo, connessi entrambi ad una qualche forma di disprezzo per il diverso:
J. Waldron, What is Cosmopolitan?, pp. 227-43. In questo articolo Waldron conduce un'analisi teorica del termine cosmopolitan, cercando di individuare le basi su cui giustificare l'attribuzione di tale caratteristica a un particolare stile di vita. In modo specifico, l'autore prende le distanze dalla posizione precedentemente presentata nel corso di un articolo pubblicato sul Michigan Journal of Law Reform, dal titolo Minority Cultures and the Cosmopolitan Alternative. Qui, l'autore sosteneva l'idea per cui i modi di vita di un cosmopolita apparivano profondamente differenti da quelli di un individuo che ha condotto tutta la sua esistenza all'interno di un'unica realtà culturale. Tale idea viene messa in crisi dalla connotazione in termini multiculturali, assunta da numerose realtà sociali contemporanee. Questo stato di cose ha permesso anche ai membri di società particolarmente forti e vincolanti, di fare esperienze di modi di vita molto diversi dai propri. Waldron dedica, inoltre, particolare attenzione allo studio delle implicazioni che il concetto kantiano di diritto cosmopolitico ha avuto sulla cosiddetta identity-politics, che risulta connessa, essenzialmente, alla conservazione delle differenti dimensioni identitarie forgiate nel profondo da un nucleo di tratti culturali sottratti ad ogni possibilità di negoziazione. (E.C.) C. Lu, The One and Many Faces of Cosmopolitanism, pp. 244-67. L'autrice si pone lo scopo di chiarire, nel corso dell'articolo, la comprensione del termine cosmopolitanism, all'interno di una prospettiva etica. Solitamente, ci si riferisce ad un'etica come cosmopolitica quando questa fugge da ogni particolarismo, per abbracciare un qualche ideale morale universale. La proposta avanzata dall'autrice è di un cosmopolitismo eticamente connotato, nei termini di un riconoscimento nell'appartenenza ad una stessa condizione umana, caratterizzata dalla fragilità, dalla fallibilità. Un'idea, questa, sensibile alle differenze, tollerante nella sua promozione non violenta della comprensione reciproca e del dialogo. (E.C.) ![]() J. Spinner-Halee, Land, Culture and Justice: a Framework for Group Rights and Recognition, pp. 319-42. Viene, qui, presa in considerazione l'efficacia delle politiche di riconoscimento di diritti speciali a gruppi minoritari, finalizzati alla tutela e alla salvaguardia della loro sopravvivenza. Tali politiche prendono le forme di provvedimenti distributivi, ma anche di concessione di autonomia decisionale circa le proprie regole socio-politiche. I fattori da tenere in considerazione, qualora si debba decidere circa la concessione di simili diritti, sono principalmente tre:
M. Trappenburg, In Defence of Pure Pluralism: Two Readings of Walzer's Spheres of Justice, pp. 343-62 L'autrice ricava, dalla lettura di Spheres of Justice di M. Walzer, due idee di giustizia distributiva:
![]() I.M. Young, Equality of whom? Social Groups and Judgments of Injustice, pp. 1-18. In questo articolo, Iris Marion Young affronta una delle questioni centrali nel dibattito normativo sull'idea di eguaglianza: 'a cosa dovremmo mirare quando parliamo di rendere le persone più eguali?'. Nell'indagare tale questione, l'autrice si interroga su quali siano le unità di paragone - se i singoli individui o i gruppi. Young propone di considerare la promozione dell'eguaglianza in relazione al benessere (well-being) degli individui e di considerare l'eguaglianza tra gruppi, non pensando ai gruppi in quanto tali, ma ai membri che ne fanno parte. Ciononostante, qualora si vogliano formulare giudizi di eguaglianza su base comparativa, l'autrice suggerisce di considerare il differente status dei diversi gruppi e il loro benessere collettivo. La maggior parte delle cause di diseguaglianza, infatti, sono ritenute essere legate a un'iniqua distribuzione delle risorse sociali e gestione delle relazioni interpersonali, più che a questioni riconducibili alle preferenze e alle scelte individuali. Ecco, quindi, che la comparazione delle condizioni dei differenti gruppi assume particolare valore nell'individuazione e nell'analisi delle ineguaglianze strutturali. (E.C.) S. R. Smith, The Social Construction of Talent: A Defence of Justice as Reciprocity, pp. 19-37. L'autore esamina il modo in cui i talenti personali sono stati considerati nello studio delle teorie della giustizia. Smith rileva come l'attenzione sia stata tradizionalmente focalizzata sulla questione della distribuzione delle risorse tra persone dotate di talenti e persone che ne sono prive. Una simile scelta sembra essere avvenuta a discapito dello studio dei meccanismi attraverso i quali gli individui vengono categorizzati come dotati o privi di talenti. Una simile classificazione avverrebbe, secondo l'autore, in base ai processi di costruzione sociale, in relazione ad una sorta di paradigma di reciprocità. (E.C.) E. Kelly, L. McPherson, On Tolerating the Unreasonable, pp. 38-55. L'articolo inizia prendendo in esame le sfide di consenso (agreement) sollevate dal pluralismo nei confronti dei modelli contrattualisti e dell'idea di tolleranza a essi connessa. Per trovare un criterio sulla base del quale giudicare quali pratiche ed istanze culturali siano tollerabili, alcuni filosofi politici (quali Charles Larmore, Joshua Cohen e Barbara Herman) hanno fatto ricorso a una qualche idea di ragionevolezza. Gli autori suggeriscono qui come una simile posizione restituisca un'idea di tolleranza troppo 'stretta' e inospitale e propongono, perciò, una concezione di tolleranza come 'wide public justification'; una giustificazione, cioè, fondata su di un consenso che include tutte quelle prospettive che possono essere ricondotte ai valori (politici) democratici fondamentali. Sulla base di questo nuovo criterio di giudizio, il contratto sociale dovrebbe includere tutte quelle prospettive che sono filosoficamente irragionevoli se e solo se questa loro irragionevolezza filosofica non si traduce anche in una irragionevolezza politica. (E.C.) ![]() |
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![]() ![]() A cura di: Brunella Casalini Emanuela Ceva Dino Costantini Nico De Federicis Corrado Del Bo' Francesca Di Donato Angelo Marocco Maria Chiara Pievatolo Progetto web di Maria Chiara Pievatolo Periodico elettronico codice ISSN 1591-4305 Inizio pubblicazione on line: 2000 ![]() ![]() |
Il settore "Riviste" è curato da Brunella Casalini, Emanuela Ceva, Corrado Del Bo' e Francesca Di Donato. |