Bollettino telematico di filosofia politica
Il labirinto della cattedrale di Chartres
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Ultimo aggiornamento agosto 2001


La filosofia è donna?

Il pensiero della differenza sessuale rivendica l'importanza del corpo come origine di esistenza sessuata; come scrive Wanda Tommasi, "la differenza sessuale non è affatto sinonimo di genere, (…) perché, mentre il genere è codificato dall'esterno, in quanto è trasmesso attraverso l'educazione e la socializzazione come un insieme di aspettative sociali circa i ruoli sessuati, la differenza sessuale ha invece a che vedere con qualcosa che viene esperito dall'interno, a partire dal dato di fatto inscritto nella propria nascita, il fatto di essere nate di sesso femminile, un dato di fatto al quale si sceglie di dare significazione simbolica, facendolo passare nell'ordine della cultura e del sapere." (pp. 27-28)

Tuttavia, la strategia basata sulla rivendicazione dei valori della differenza non si discosta da quella grazie alla quale, sulla scorta della biologia, i conservatori collocano e hanno collocato il maschile dalla parte del pensiero e il femminile dalla parte del corpo, attribuendo alla corporeità femminile significati simbolici volti a giustificare la strutturazione della società secondo il genere.

Nonostante ciò, le teoriche della differenza vedono di buon occhio quei filosofi che riconoscono la differenza biologica come essenziale: le donne sono diverse perciò offrono qualcosa in più, e questo 'in più', la femminilità, dev'essere valorizzato. In questo modo le posizioni che riconoscono nella funzione materna l'essenza della femminilità, rivendicano la necessità di valorizzare la differenza sessuale, fisica e culturale.

Ciò anche perché, come afferma Chiara Zamboni, se la società patriarcale vedeva il capofamiglia maschio come titolare di cittadinanza e la divisione tra ruoli domestici e affettivi e ruoli pubblici era molto netta, oggi non è più così. La crisi del vecchio sistema porta con sé un vuoto di valori, poiché la paternità non è più in grado di rappresentare un modello; al contrario, il riferimento alla madre diviene l'unico modo per mantenere aperto un conflitto verso un'organizzazione economica e sociale che si fonda su individui liberi da ogni legame e più disponibili alla produzione e al mercato.

A cornice delle motivazioni precedenti, la differenza sessuale è assunta come significante della struttura del pensiero di un autore: tutte le filosofie scritte da filosofe sono filosofie femministe, anche quando le loro autrici, come nel caso di Simone Weil, si siano dichiarate fortemente ostili ai temi dell'emancipazione femminile. Le storie della femminilità sono dunque storie sulle donne, ma soprattutto storie di donne che sono, semplicemente in quanto tali, incluse nel gruppo.

Da ciò segue che le donne siano le migliori rappresentanti di sé stesse: si tratta di eliminare lo svantaggio tra i generi mantenendo una diversità che rende la donna sui generis; e di rafforzare la specificità femminile rivendicando il diritto ad una differente soggettività giuridica. Così la rappresentanza delle donne dev'essere stabilita per quote in modo che la differenza venga 'importata' nelle istituzioni pubbliche: in tal modo le donne prenderanno la fetta di potere che spetta loro, in quanto uguali ma diverse; nella migliore delle ipotesi la struttura della sfera pubblica potrà tendere verso un equilibrio tra i due sessi e tra i valori che rappresentano.

E tuttavia se il femminismo della differenza si propone di duplicare le (pure avversatissime) strutture esistenti, l'ipotesi rivela implicazioni conservatrici:
in primo luogo identificare la donna col proprio sesso, cioè con la sua funzione riproduttiva e con il ruolo materno in senso ampio, significa sottovalutare (perché non essenziali) altre variabili che spesso incidono in maniera più radicale del sesso nella formazione delle disuguaglianze: le donne, tra loro, non sono uguali e non partono tutte dalle stesse condizioni.


In secondo luogo questa strategia non ha alcuna portata rivoluzionaria perché interviene sugli effetti e non sulle cause:
chiedere una rappresentanza per quote significa infatti rivendicare l'appartenenza alla sfera politica sotto forma di inclusione, accettando implicitamente il sistema dei valori (maschile) entro cui la gerarchia femminile/maschile trova senso: così il 'gineceo' delle donne nelle istituzioni non avrebbe altro effetto che quello di rendere un servizio utile alla conservazione delle strutture tradizionali del potere.

La rivendicazione di diritti sessuati, inoltre,
svia l'attenzione dal problema di come la differenza di genere viene costruita dalla società e, in particolare, sul modo in cui il genere permea la società stessa a partire dalla divisione dei ruoli all'interno della famiglia; e occulta il problema di fondo, ovvero che la vita pubblica riposa sulla definizione di uno spazio privato (della privazione) sottratto al pubblico stesso, e che le relazioni familiari sono state percepite come totalmente estranee alle relazioni fra gli agenti dell'ambito politico. Per questa ragione non c'è altro modo di includere le donne nel mondo pubblico se non sfidando le assunzioni fondamentali sulla famiglia, sui ruoli sessuali tradizionali e sulla relazione di questi col mondo (più ampio) della società politica.

La filosofia 'donna' si fonda sui due argomenti del ricorso alla natura, ove rivendica l'opportunità di diritti sessuati, e del ricorso ai valori di un'etica femminile, fondata sul lavoro di cura svolto tradizionalmente dalle donne. Tuttavia, richiedere diritti sessuati sulla base di una naturale specificità femminile può essere addirittura dannoso per le donne poiché, come scrive Anna Maria Galoppini [Il lungo viaggio verso la parità, Tacchi 1992; p. 345], "per cambiare davvero la polis al femminile si deve preliminarmente comprendere che astrazione e generalizzazione sono gli strumenti che la società storicamente si è data per governare persone e comportamenti con regole che possano valere al di là e al di fuori del piccolo gruppo originario o della cerchia dei singoli (...). Sforzo vano e controproducente sarebbe perciò quello di inserire una specificità o un'identità femminile, agendo sulla struttura logico-formale della norma."


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Il Bollettino telematico di filosofia politica è ospitato presso il Dipartimento di Scienze della politica della Facoltà di Scienze politiche dell'università di Pisa, e in mirror presso www.philosophica.org/bfp/



A cura di:
Brunella Casalini
Emanuela Ceva
Dino Costantini
Nico De Federicis
Corrado Del Bo'
Francesca Di Donato
Angelo Marocco
Maria Chiara Pievatolo

Progetto web
di Maria Chiara Pievatolo


Periodico elettronico
codice ISSN 1591-4305
Inizio pubblicazione on line:
2000


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