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Scheda: Trasimaco, Glaucone (e Adimanto).

Il labirinto della cattedrale di Chartres


Trasimaco, Glaucone (e Adimanto).

Glaucone, sull'essenza e l'origine della giustizia, afferma: «Dicono dunque che, secondo natura, commettere ingiustizia è bene, mentre è male subirla, e dicono poi che c'è più male nell'essere vittima di un'ingiustizia, di quanto sia il bene nel commetterla; cosicché, facendo e subendo reciprocamente ingiustizia, coloro che non sono in grado di fuggire il male o di ottenere il bene, considerano vantaggioso scendere al compromesso per il quale l'ingiustizia non deve essere fatta, né subìta. Ed è così che cominciarono a stabilire leggi e patti, e chiamarono legittimo e giusto ciò che è prescritto dalla legge.» (cfr. Rep., 358 e- 359 a).
Riassumendo: Non è una persona isolata a porre le leggi, che nascono invece da alleanze e patti opportunistici tra chi non è capace di garantirsi altrimenti il bene, o tra chi non riesce a fare il male ed avvantaggiarsi impunemente. La terminologia nomos-physis è ripresa, ma non perché sia giusto secondo natura che il più forte comandi (alla maniera di Callicle): solo, è naturalmente bene (agathon) commettere ingiustizia (Rep., II, 358 e), indipendentemente dal fatto che a compierla sia un forte o un debole. Chi la compie impunemente è già in qualche modo forte.
Chi si comporta giustamente, poi, lo fa malvolentieri. La giustizia nasce per calcolo egoistico, anche se nessuno vorrebbe scendere a compromessi con l'utilità altrui (de Luise – Farinetti, L'infelicità del giusto…, 1998). Se per Socrate nessuno commette il male volontariamente, per Glaucone nessuno si comporta giustamente in modo davvero volontario. La favola dell'anello di Gige chiarisce la natura opportunistica e ipocrita del patto originario, i motivi egoistici e interessati della collaborazione (Platone, Rep., 360 b-c).
Glaucone delinea anche un ingiusto perfetto che, come abile artigiano, sa dare l'impressione di essere giusto, sa riprendersi se sbaglia, sa usare persuasione e violenza (Platone, Rep., 360 e sgg.). L'ingiustizia può essere letta paradossalmente come la realizzazione delle motivazioni egoistiche che sono alla base della stessa giustizia (De Luise – Farinetti, L'infelicità del giusto…, 1998). Se l'anello di Gige rende invisibile l'ingiusto e lo rende perfetto garantendogli l'impunità, l'intervento di Adimanto (Calabi, Gige, 1998; Vegetti, Adimanto, 1998) rende l'ingiusto invisibile anche alla divinità.
Barker (Barker, 1918) ha colto la differenza fra Glaucone e Trasimaco nel fatto che, mentre Trasimaco fonda la giustizia sull'istinto di dominio del più forte, Glaucone la fonda piuttosto sull'istinto di paura, origine della volontà di contrattare. Vegetti ha giustamente precisato che Glaucone è sì figlio intellettuale di Trasimaco (Rep., 368 a), ma «dal punto di vista concettuale,… esistono profonde differenze tra l'assetto teorico del discorso di Glaucone e quello di Trasimaco.» (Vegetti, Glaucone, 1998, pp. 161-162).
Come l'intervento di Adimanto rimanda a Crizia (DK88 B 25), così quello di Glaucone può essere accostato a quanto conosciamo di Antifonte (Vegetti, Glaucone, 1998, pp. 163 sgg.). Vegetti suggerisce anche l'interesse del confronto tra Glaucone e il contrattualismo di Hobbes, o ancora tra Glaucone e la Genealogia della morale di Nietzsche.
Quando Hyland (Hyland, 1988-89) osserva che, sostanzialmente, Platone oppone il proprio modello alla provocazione di Glaucone, senza riuscire a produrre una vera confutazione, individua nel II libro della Repubblica un momento decisivo per l'intera storia del pensiero politico.


TORNA INDIETRO .......... A cura di Luca Mori


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