Bollettino telematico di filosofia politica
Il labirinto della cattedrale di Chartres
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Ultimo aggiornamento 21 ottobre 2002

La filosofia politica di Hegel
Secondo convegno del Seminario perugino per lo studio dei classici
Si è svolto a Perugia, tra il 19 e il 20 settembre 2002, il secondo dei Seminari perugini per lo studio dei classici della filosofia politica, incontri di ricerca biennali organizzati da Roberto Gatti, professore ordinario di filosofia politica presso il dipartimento di Scienze filosofiche e linguistico-letterarie dell'Università di Perugia, col patrocinio di diversi enti regionali.

Nella prima seduta, presieduta da Giacomo Marramao, ha introdotto i lavori Giuliano Marini, già relatore della passata edizione, il quale ha subito evidenziato una forte linea di continuità con quanto discusso due anni or sono a proposito della filosofia politica di Kant. Dall'introduzione di Marini è emerso in particolare che, nel caso della filosofia politica di Hegel, è possibile andare al di là del sistema e lasciar emergere le differenti realtà analizzate al suo interno, ridimensionando in tal modo le accuse di statolatria: si può così ricostruire un percorso che va dal singolo stato, inteso come società civile e società politica, al diritto internazionale e alla società civile internazionale, per concludere prospettando un costituzionalismo politico votato alla pace internazionale. Si tratta, come ha sottolineato Marini, non soltanto di un Hegel riletto tramite Kant, ma soprattutto di una filosofia, hegelianamente, filia temporis.

Il primo dei relatori è stato Claudio Cesa, dell'Università di Pisa, che ha parlato a proposito di Filosofia della storia e politica in Hegel. Cesa ha compiuto un complesso itinerario lungo l'opera di sistemazione della filosofia della storia hegeliana, dal quale è emerso che la riflessione sulla politica occupa un ruolo centrale ed ha delle connotazioni diverse da quanto la tradizione interpretativa spesso ritiene. In particolare, Hegel si è occupato delle vicende politiche del proprio tempo spinto da un interesse concettuale che vede nella storia universale e nella natura due momenti "più comprensivi del palesarsi dell'Idea". Ciò significa che l'idea di filosofia della storia non può prescindere da un "aggancio alla natura geografico, antropico": "Popoli e cittadini del popolo sono i luoghi nei quali la sostanza si divide, facendosi, in queste divisioni, autocoscienza reale". Ciò comporta, secondo la riflessione di Cesa, che la tesi di un Hegel apologeta dell'egemonia prussiana non è plausibile. E, in un passaggio ulteriore, si può osservare che fu l'ostinata riflessione di Hegel sulla politica a spingerlo ad occuparsi programmaticamente di storia universale e che furono i limiti che egli aveva colto nella "politica" ad aiutarlo a rinvenire i numerosi elementi in gioco nell'idea di storia. In conclusione, Cesa ha sostenuto la tesi che la concezione della storia di Hegel fosse, per una precisa scelta teorica, intrisa di elementi naturali (e che ciò, al contrario di quanto pensassero Croce e Gentile, non costituisse un punto debole del sistema), e che proprio tale convinzione fosse l'occasione per passare in rassegna i popoli che avevano maggiormente contribuito al processo dello spirito. Tutto ciò, ha sottolineato ancora, conduce a riconoscere non un Hegel apologeta dello Stato assoluto, ma un Hegel "ispirato da una forte concezione della natura umana" che lo porta a considerare i rapporti tra gli stati nella più ampia prospettiva della conciliazione dello spirito con se stesso, perciò della pace universale.

Nella seconda seduta, presieduta da Salvatore Veca, Giuseppe Duso, dell'Università di Padova, ha presentato la seconda relazione, dal titolo Hegel e la Aufhebung della libertà moderna nella 'Rechtsphilosophie'. Duso ha proposto una riflessione sulla centralità del concetto di libertà in Hegel, contro le accuse di statalismo e olismo spesso attribuite al filosofo tedesco, ma anche contro una forzata riconduzione di esso ai principi "liberali". La conclusione della sua ricostruzione è stata che quello hegeliano è uno dei più forti tentativi di intendere la partecipazione politica e il pluralismo all'interno di una dottrina dello Stato. Il concetto di libertà è in Hegel presente come libertà concreta (in sé) e libertà formale (per sé). Solo evidenziando questa duplice presenza è possibile superare la distinzione di pubblico e privato e attribuire ad Hegel una concezione della libertà in cui la soggettività particolare si esprima al livello dello Stato politico. Questo è possibile perché in Hegel lo Stato non è visto solo come istituzione, ma, sul piano dell'eticità, come cerchia delle cerchie. In tal senso, secondo Duso, è possibile rinvenire nel pensiero hegeliano una strenua difesa dell'istituto rappresentativo e corporativo, a garanzia appunto della libertà pubblica, ben diverso dal rapporto tra volontà individuale e volontà generale tipico del giusnaturalismo. La libertà individuale, infatti, è in Hegel presente non come libertà del singolo ma come concreta realtà di membri di una cerchia della società. Se questo è vero, ha sostenuto Duso, cadono le accuse di statalismo, poiché quello che Hegel propone non è uno stato come elemento autonomo rispetto ai cittadini, ma la cerchia delle cerchie in cui si concretizzano la loro libertà e partecipazione.

L'ultima relazione, Hegel e i confini della modernità, è stata proposta da Michelangelo Bovero dell'Università di Torino nella terza e conclusiva seduta del giorno 20, presieduta da Virgilio Mura, si è incentrato sulla problematica nozione di "moderno". Bovero ha avanzato la provocatoria tesi che le degenerazioni del moderno non siano patologie arginabili o evitabili, quanto piuttosto la necessaria e inevitabile conseguenza della natura stessa del moderno. Questa idea, e qui sta la provocazione, è, a parere di Bovero, in continuità con l'interpretazione hegeliana del moderno. Si tratta dunque, secondo tale punto di vista, di evidenziare il carattere proprio del moderno: nella interpretazione hegeliana esso non solo è il nuovo, ma è il principio stesso del nuovo. Da ciò segue che il principio attorno cui esso ruota è il diritto alla libertà soggettiva, il quale pone una rottura con la vita comunitaria premoderna, risolvendosi in quel primato dell'individuale sul collettivo che Bobbio ha indicato come il fondamento kantiano della cultura politica moderna. Se si prescinde da questo, ha argomentato Bovero, sembra che l'unica alternativa sia quella di doversi porre il problema dei "confini del moderno", ed entrare così nel circolo della sua autodissoluzione postmoderna. Invece, la strada che egli intravede all'orizzonte non è quella di un'adesione ai processi di autodissoluzione del moderno, insiti nella stessa interpretazione hegeliana, ma di un'istituzionalizzazione di esso in direzione di un costituzionalismo cosmopolitico d'ispirazione kantiana.

Giulio Maria Chiodi, dell'Università "Federico II" di Napoli, ha concluso i lavori, ricordando i punti salienti di ciascun intervento e individuando tra essi possibili temi di accordo e di ulteriore discussione e invitando i convenuti al prossimo seminario in programma tra due anni.

Numerosi interventi hanno seguito le relazioni durante entrambe le giornate di studio, stimolando un dibattito sempre all'altezza delle tematiche trattate.



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Il Bollettino telematico di filosofia politica è ospitato presso il Dipartimento di Scienze della politica della Facoltà di Scienze politiche dell'università di Pisa, e in mirror presso www.philosophica.org/bfp/



A cura di:
Brunella Casalini
Emanuela Ceva
Dino Costantini
Nico De Federicis
Corrado Del Bo'
Francesca Di Donato
Angelo Marocco
Maria Chiara Pievatolo

Progetto web
di Maria Chiara Pievatolo


Periodico elettronico
codice ISSN 1591-4305
Inizio pubblicazione on line:
2000


Chi è interessato a proporre cronache di convegni può rivolgersi a Nico De Federicis.