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Ultimo aggiornamento 7 giugno 2002
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Anna Loretoni (a cura di), Interviste sull'Europa. Integrazione e identità nella globalizzazione, Carocci, Roma 2001, 173 pp.
Il processo di integrazione europea solleva questioni rilevanti, quali, ad esempio, le possibili configurazioni e basi di legittimazione delle istituzioni sovranazionali, le forme e le implicazioni della coesistenza di culture nazionali diverse all'interno di un unico spazio politico, le conseguenti trasformazioni e il destino stesso della democrazia, il rapporto tra i processi di globalizzazione e quelli di regionalizzazione o quello tra orientamento etico e appartenenza politica. Il libro curato da Anna Loretoni fornisce, in relazione ad alcuni di questi temi, degli utili strumenti di riflessione. Il volume contiene un saggio introduttivo della curatrice e delle interviste a Daniel J.Elazar, Joseph H.H.Weiler, Richard P.Bellamy, Furio Cerutti, Gian Enrico Rusconi e Mario Telò. I numerosi argomenti toccati ruotano intorno a tre grandi questioni: la configurazione politico-istituzionale dell'Europa, la sua identità politica e lo stato della democrazia e dei diritti al suo interno. La natura ibrida dell'Unione Europea, osserva Loretoni nell'introduzione, la dispersione della sovranità in una serie di luoghi decentrati, il fatto di essere un'istituzione in parte intergovernativa e in parte sovranazionale, impongono alla teoria politica di forgiare nuovi concetti. L'Unione Europea, leggiamo sempre nell'introduzione, è sia una federazione che una confederazione e, quindi, forse qualcosa di diverso da entrambe, qualcosa di inedito. L'idea viene ribadita, seppure con tonalità diverse, da molti degli autori intervistati. Siamo in presenza, per Elazar, di un nuovo tipo di confederazione, senza un governo generale overarching, ma con dei pilastri (ambito economico, politica estera e sicurezza comune, giustizia e affari interni). L'originalità dell'Unione Europea dipende dal fatto che ci troviamo di fronte ad un livello di integrazione come lo si trova solo nei paesi federali, cui non segue, però, né il venir meno delle forti identità nazionali (Weiler), né una struttura gerarchica di tipo federale (Bellamy). Rusconi, che pure prefigura per l'Europa la forma di una confederazione di nazioni, precisa poi che nessuno dei concetti che abbiamo ereditato dalla tradizione può essere immediatamene utilizzato. L'Europa, afferma Telò nell'intervista che chiude il libro, ha due caratteristiche specifiche: la sovranazionalità giuridica e politico-istituzionale e l'integrazione negativa (abbattimento di barriere doganali) e positiva (politiche comuni). Il riconoscimento di questa specificità, nonchè la piena comprensione del suo significato e delle sue implicazioni, diventano possibili, però, a suo parere, solo a partire da uno studio comparativo dei processi di integrazione regionale che accompagnano la globalizzazione. Tale studio è importante anche perché è nel regionalismo, più che nel cosmopolitismo, che possiamo trovare la forma organizzativa sovranazionale capace di far fronte alle sfide della globalizzazione. Al cosmopolitismo, osserva Telò, corrisponde l'idea di globalismo giuridico, ossia di un comune patrimonio normativo vincolante esercitato da un governo mondiale. Una tale ottica, se radicalizzata, può provocare reazioni fondamentaliste (rivendicazioni identitarie). Al contrario, il regionalismo consente di dar vita ad una dimensione articolata e intermedia, capace di rispettare maggiormente le culture locali. Ritornando all' "originalità" dell'assetto politico-istituzionale dell'UE, nel testo leggiamo che essa può essere colta ricorrendo al concetto di multi-level governance. La nozione di governance, infatti, comprende, oltre alle attività di government (istituzioni e organizzazioni formali), anche i canali informali attraverso i quali il potere viene esercitato. La struttura dei processi decisionali nell'ambito dell'Unione è decentrata e diffusa su livelli diversi, in cui entrano in gioco attori sovranazionali, subnazionali, transnazionali, privati e pubblici, che intrecciandosi creano un'organizzazione sempre più complessa. Ciò fa emergere tutti i limiti della nozione tradizionale di Stato, osserva Telò, ai fini di un'analisi adeguata di quanto sta accadendo in Europa, oltre che sul piano sovranazionale, anche su quello interno ai paesi membri. Questi ultimi, infatti, sono ormai degli open States. Ogni Stato ha bisogno, per la propria legittimità interna, di fornire prestazioni sempre migliori ai propri cittadini. Questo implica, però, la cooperazione e l'integrazione con altri Stati, per cui accade che lo Stato rinunci a prerogative sovrane per il bisogno di legittimità. Come si è accennato all'inizio, la seconda grande questione affrontata è quella relativa all'identità politica europea. Nel testo emergono due premesse essenziali affinchè tale identità possa darsi pur mancando un demos europeo culturalmente omogeneo: il carattere "artificiale" dell'identità politica e la sua non riducibilità all'identità culturale. La Loretoni sottolinea la natura riflessiva dell'identità moderna: per quel che riguarda l'identità social-psicologica, scrive la curatrice, l'individuo determina, svincolandosi sempre di più dalle appartenenze date, ciò che egli vuole essere. Questo ha delle ricadute anche sull'identità politica, della quale viene messa in luce, contro ogni connotazione naturalistica, il suo carattere immaginario, artificiale. Nel suo intervento Cerutti propone un'articolata riflessione su questo tema. L'identità politica si forma nel depositarsi e nell'irrobustirsi stesso della comunità politica; non le preesiste, né è un suo sottoprodotto. L'identità culturale, invece, è la Lebenswelt, il bacino da cui è possibile ricavare simboli, narrazioni, schemi capaci di nutrire e sostenere l'identità politica. Da ciò l'importanza, ai fini della costruzione dell'identità politica europea, di una politica della memoria, ancora mancante però in Europa (su questo problema si veda anche Rusconi), e di un processo costituente democratico. Il dibattito in occasione della stesura di una Costituzione europea, infatti, sarebbe una grande occasione per la creazione di un'opinione pubblica europea e di un'identità politica comune. Il demos nasce poco alla volta e l'identità politica europea richiede un elemento di intenzionalità più forte rispetto all'esperienza nazionale. Dunque, più che i contenuti della futura costituzione, sarebbe il processo che conduce ad essa ad avere un rilevante significato politico. L'identità politica europea da costruire dovrà salvaguardare le identità culturali nazionali e non cercare di sostituirsi ad esse. Ciò è importante anche per garantire quella "dimensione affettiva" dell'appartenenza che tanto peso ha nelle comunità politiche. A tale proposito Weiler propone che la cittadinanza europea si articoli su due levelli di appartenenza, quella nazionale, nella quale si collocherebbe l'aspetto affettivo-passionale dell'appartenenza, e quella europea, il cui contenuto dovrebbe essere razionale, neokantiano (comunità di valori). Bellamy parla di "comunitarismo cosmopolita": dal momento che le nostre appartenenze sono multiple bisogna trovare un compromesso tra le nostre fedeltà. Diventa allora necessario un sistema politico capace di offrire una cittadinanza multipla a membri di vari demoi (sistema di multi-level governance). In un tale sistema pluralista complesso e a più livelli, sostiene lo studioso, ci può essere un consenso basato non su valori condivisi o sull'accordo su certi principi, ma solo su compromessi fra valori diversi. In altri termini, non si può presupporre l'esistenza di un demos omogeneo o una concezione condivisa di giustizia, come invece fanno, a suo parere, i modelli liberaldemocratici. L'ultima delle questioni segnalate è quella della democrazia e dei diritti. Ad emergere in primo piano è l'evidente deficit democratico dell'integrazione europea, deficit connesso, allo stesso tempo, alla crisi della democrazia all'interno degli Stati membri e al depauperamento della politica nel mondo globale. Sul problema interviene in maniera particolarmente incisiva Weiler. Le istituzioni dell'Unione, egli afferma, non hanno alcuna dimestichezza con la cultura politica democratica. Tale "crisi democratica", però, investe anche gli Stati nazionali: è una crisi di cultura politica e non di istituzioni, malgrado ciò che si pensa in Italia, in cui si enfatizza l'importanza della modifica delle istituzioni o della Costituzione. I suoi sintomi sono l'americanizzazione (l'immagine diventa più importante del discorso), il pragmatismo (la morte delle ideologie), il triangolarismo (ad esempio, Blair che fa proprie le idee della Thatcher e poi le presenta come se fossero di sinistra), il personalismo (leaderismo). L'Europa, denuncia Weiler, contribuisce a questo deterioramento della democrazia nazionale. Infatti, siamo in presenza di un contesto politico di successo (prosperità economica, realizzazione di grandi progetti come l'euro), ma non democratico; il risultato è che la gente si abitua a questo tipo di legittimità basata sui successi e non sulla partecipazione democratica. Per far fronte a tale crisi della democrazia, dunque, non bastano dei cambiamenti istituzionali, ma è necessario favorire l'empowerment dei cittadini, di cui la trasparenza dei processi decisionali è la conditio sine qua non. Il processo comunitario, infatti, è impenetrabile; esiste un underworld, anche in senso mafioso, all'interno del quale vengono prese decisioni importanti in assenza di controllo democratico. Per quanto riguarda poi la questione dei diritti, ed in particolare la Carta europea dei diritti fondamentali, Weiler assume una posizione fortemente critica: a suo parere, vi è già un eccesso di protezione giuridica, per cui il problema vero è quello di rendere effettivi i diritti. Cerutti, invece, pur denunciando il rischio che la Carta resti una proclamazione vuota che diminuisce la credibilità dei principi, sottolinea, allo stesso tempo, che essa è un segnale del fatto che tra le diverse culture europee vi è un compromesso assiologico e che questo costituisce un importante presupposto per un patto costituzionale. In conclusione, come emerge chiaramente anche da questo breve e inevitabilmente parziale resoconto, il libro è ricco di spunti e sollecitazioni. Naturalmente la forma stessa dell'intervista impone dei vincoli all'approfondimento teorico ma, d'altro canto, consente di muoversi con maggiore agilità tra posizioni e temi diversi, riuscendo così a fornire al lettore preziose indicazioni in merito all'orizzonte problematico all'interno del quale si sta svolgendo il dibattito sull'Europa. |
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Il Bollettino telematico di filosofia politica è ospitato presso il Dipartimento di Scienze della politica della Facoltà di Scienze politiche dell'università di Pisa, e in mirror presso www.philosophica.org/bfp/
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A cura di: Brunella Casalini Emanuela Ceva Dino Costantini Nico De Federicis Corrado Del Bo' Francesca Di Donato Angelo Marocco Maria Chiara Pievatolo Progetto web di Maria Chiara Pievatolo Periodico elettronico codice ISSN 1591-4305 Inizio pubblicazione on line: 2000 |
Il settore recensioni/speciali è curato da Brunella Casalini, Nico De Federicis, Angelo Marocco e Maria Chiara Pievatolo. |