Questi primi anni
d'inizio secolo saranno ricordati come date importanti nella
storia europea. Dopo la proclamazione della Carta dei diritti
fondamentali dei cittadini dell'Unione (Nizza, 7 dicembre
2000), che nei modi e nello spirito intendeva ripercorrere quelle
stesse dichiarazioni universali dei
diritti che erano state poste a fondamento delle
grandi costituzioni repubblicane del secolo XVIII, l'Europa ha
salutato l'introduzione della moneta
unica (1 gennaio 2001) e convocato la Convenzione per la riforma dei Trattati,
incaricata di preparare la bozza di una costituzione. Al di
là delle luci e delle ombre che investono il processo di
federazione dei popoli europei, è possibile affermare che
siamo di fronte a uno dei maggiori eventi della storia politica
dell'età moderna. Non è retorico
ricordare che, per la prima volta nella storia, popoli e stati
che hanno sviluppato la propria vita politica all'insegna di una
ostilità permanente (effettiva o potenziale), hanno deciso
di consegnarsi a un corpo politico unitario. Infatti, per quanto
il dibattito sulla reale natura della forma-stato dell'Unione sia
ancóra aperto e tutt'altro che vicino alla propria
soluzione, si può asserire senza pericolo di smentita che,
dopo questi grandi eventi che abbiamo indicato, la forma politica
dell'Europa ha acquistato in misura sempre maggiore la natura
unitaria del vincolo politico; in breve, si potrebbe concludere
che è stato infine passato il Rubicone che separa una
semplice organizzazione internazionale da un soggetto politico
effettivo, il quale si distingue per il fatto di fare riferimento
a una tipologia di diritto pubblico di natura 'interna'.
Nonostante il significato politico indubbio della trasformazione
dell'Europa, attraverso una progressiva istituzionalizzazione, da
continente di nazioni a unione di stati nazionali, resta tuttavia
difficile trarre da questo evento un significato filosofico
definito. Forse gli eventi sono troppo vicini cronologicamente e non hanno ancóra lasciato modo alle
premesse materiali e spirituali di trasformarsi in forme di vita,
di produrre significati culturali riconoscibili. Oppure si tratta della difficoltà posta dai materiali tipici di quel soggetto, che sembrano essere lontani e
impenetrabili a una riflessione di carattere filosofico - almeno
se consideriamo il termine come portatore di un significato
peculiare all'interno della cerchia delle scienze della cultura.
La domanda più pertinente riguarderebbe allora non la
rilevanza filosofico-politica dell'unificazione europea, quanto la
possibilità per la filosofia di pronunciarsi su questo
evento; vale a dire, se esso sia davvero filosoficamente
significativo.
Queste domande coinvolgono temi vastissimi e di portata
così generale che, naturalmente, sarebbe assurdo voler
soltanto accennare in questa sede. Tuttavia, la questione ci
appare qualcosa di più che una mera provocazione
intellettuale. Infatti, da un lato non è affatto scontato
che da ogni evento storico possa essere tratto un significato per
la filosofia, dall'altro, più semplicemente, si potrebbe
asserire che un tale evento, in realtà non acquista quel
significato solo perché non sarebbe per nulla
'notevole', non apporterebbe alcun contributo nuovo al panorama
teorico della politica, ma sarebbe al contrario interamente
concettualizzabile all'interno di un quadro teoretico già
definito. Per fare accenno al nostro argomento, questo discorso
porterebbe allora ad affermare che la trasformazione dell'Europa in unione federale, sebbene dal punto di vista politico sia un evento di grandissimo rilievo, dal punto di vista filosofico non
farebbe che ripercorrere figure ben note (quella ad esempio della
statualità, oppure dell'affermazione
dell'universalità del diritto), le quali sono state
già ampiamente studiate, dogmatizzate e poste in un
sistema di dottrina dalla riflessione filosofico-giuridica e filosofico-politica a
partire dall'età delle rivoluzioni. Infine, si potrebbe
aggiungere che - per quanto 'politicamente' determinante - il
semplice evento che ha condotto a tali esiti e a tali
trasformazioni, vale a dire il fatto del mercato unico, sia come
tale un elemento di assoluto disinteresse per la filosofia, o almeno
per una filosofia che non voglia farsi mera interprete dei fenomeni
materiali.
Come si vede, i problemi sono molti e molto complessi. È
per questa ragione che, anche nel dibattito intercorso tra gli
autori più affermati, abbiamo assistito al ripercorrere un
tale groviglio di questioni e di difficoltà. Alla fine,
possiamo dire che, almeno in questa primissima fase, all'interno
dei contributi teorici sul tema sia prevalsa la discussione
più squisitamente 'tecnica', sia essa quella di giuristi,
sia essa quella di esperti di scienza politica o di analisti delle istituzioni.
Costoro, hanno tentato di dare anche un
apporto più generale, che andasse oltre il contributo
(sebbene non meno necessario e proficuo) proprio delle loro
specifiche competenze positive. Lungo questa strada si sono
aggiunti alcuni intellettuali, che invece hanno provato ad
analizzare il fenomeno sotto un profilo più direttamente
'teoretico' e 'universale'. In questa schiera si sono posti
anche i filosofi politici, di vocazione o di mestiere, i cui
contributi sono stati affiancati a quelli di storici
contemporanei e di storici delle idee politiche. L'argomento
dominante è divenuto allora quello relativo alla
natura della nuova comunità politica europea,
comunità sovranazionale per definizione, e politica
per necessità. In questo senso, il riferimento più
diretto è stato proposto al tema, quasi egemonico nella
disciplina tra gli anni ottanta e gli anni novanta,
dell'identità politica: una discussione che, per
ironia della sorte, nasce niente affatto europea ma piuttosto
nordamericana, soprattutto in riguardo alle categorie filosofiche
che in essa sono state impiegate.
Una seconda linea interpretativa che ha caratterizzato la
riflessione filosofico-politica nel proprio accostamento al tema
dell'Unione Europea è stata quella relativa al tema della
sovranità. Esempi di un tale orietamento, sono i
recenti interventi di Biagio De Giovanni, che si collocano all'interno di una produzione
della quale possono essere rappresentativi i volumi meno
recenti di Danilo Zolo: Cosmopolis
(Milano, Feltrinelli, 1995) e di Luigi Ferrajoli:
La sovranità nel mondo moderno (Roma-Bari,
Laterza, 19972). Argomento che per sua stessa natura
tende a collocarsi al centro della discussione
della disciplina, la questione della sovranità è
stata segnata dalle esperienze dei grandi filosofi del diritto
del novecento, quali Kelsen, Schmitt fino a Norberto Bobbio.
Pertanto, non stupisce affatto che dinanzi a un fenomeno nuovo
com'è quello dell'unificazione europea si sia inteso
ripartire proprio da questo punto, ponendo sotto
l'obiettivo argomentazioni che, nei contenuti e nelle forme,
tanto ricercano una più che mai discussa "fine della
sovranità", quanto impiegano soluzioni nuove per
interpretare quel soggetto politico fondamentale che è lo
stato. In tal modo, l'universalismo dei cosiddetti
globalizers (siano essi di orientamento favorevole o
contrario alla statualità), che prospettano una
forma di oltrepassamento della stagione della sovranità
nazionale, si contrappone al particolarismo dei
sostenitori dell'attualità della funzione svolta dallo
stato nazionale. I fautori della
centralità dello stato contestano il fatto che
siamo di fronte a una svolta, come fanno autori quali
Anthony
Giddens e John
Dunn.
Infine, un altro tema rilevante per la filosofia politica
è quello della democrazia. Naturalmente, quest'ultimo
è strettamente legato a quello della sovranità, ma
non ne è logicamente dipendente. Nasce e si sviluppa in
tal modo quello stesso dibattito sulla "non
democraticità" del processo d'integrazione, che ha
già coinvolto interpreti illustri, e che finora è
stato quello che ci ha dato i contributi più numerosi.
È significativo il fatto che una tale questione abbia
riscontrato ampio interesse all'interno della cultura
anglosassone: personaggi come Joseph
Weiler o Larry Siedentop
(dei quali si riporta il pensiero nei volumi recensiti tra le
nostre Letture) hanno sollevato un
dibattito che a ragione può essere definito autenticamente
'internazionale'. A difesa delle istituzioni europee si sono
schierati non solo i 'tecnocrati', ma anche giuristi e
uomini politici come Giuliano Amato, Joschka Fischer, Pat Cox e
Romano Prodi. L'atteggiamento di profonda avversione per le
modalità in cui si sta compiendo il processo
d'integrazione è stato respinto anche dagli studiosi di
politica internazionale, tradizionalmente poco inclini alle
'speculazioni' e, al contrario, sempre ispirati da un
atteggiamento di profondo pragmatismo. Così Andrew
Moravcsik ha risposto duramente al libro di Siedentop sulle
pagine dei
"Foreign Affairs", e altri, come Luigi
Bonanate e Sergio
Romano si sono sempre impegnati per ridimensionare la
portata di queste critiche.
Come il lettore potrà vedere da questa breve
presentazione, i temi sono molti ma la fluidità della
ricerca è massima. Allora, non ci si dovrà stupire
del fatto che, con molta probabilità, tra qualche anno gli
studiosi si troveranno di fronte un quadro che potrebbe essere
notevolmente mutato, anche in forme radicali e inaspettate.
Potremmo restare indifferenti su alcune questioni che oggi ci
paiono primarie, e invece collocare il centro del dibattito da
tutt'altra parte. Di conseguenza, per il momento non possiamo che
limitarci ad aprire degli scorci, a suggerire dei semplici
percorsi di lettura a chi, tra i cultori di filosofia politica,
è interessato ad approfondire il tema della nuova forma di
stato dell'Europa. Naturalmente, i volumi che presentiamo in
recensione non sono che una selezione molto esigua dell'intera
mole sull'argomento. Come sempre, il profilo dei lavori è
stato scelto tra quelli di produzione direttamente
filosofico-politica o filosofico-giuridica, ovvero d'interesse
rilevante per queste discipline. Questo non toglie che,
qualora se ne presentasse l'occasione (anche per invito esplicito
o indiretto degli autori interessati), a questi possano
aggiungersi nuovi testi, anche di carattere più
specialistico. Tutto ciò non può che rafforzare il
nostro proposito di conferire alla pagina speciale un carattere
di constante apertura, com'è inevitabile anche per la
natura dell'argomento che oggi abbiamo scelto.
Riferimenti in rete
Una costituzione per l'Europa:
intervista a Jürgen Habermas
http://www.caffeeuropa.it/attualita/112attualita-habermas.html
Una terza via per l'Unione Europea?:
uno scritto di Anthony Giddens
http://www.globaldimensions.net/articles/Giddens/Giddens1.htm
La sovranità in Europa: un
intervento di Biagio De Giovanni su Italianieuropei
http://www.italianieuropei.it/rivista/documenti/dettaglio.asp?id_doc=86
Verso la Costituzione europea?: uno Speciale Europa sul Forum dei Quaderni costituzionali
http://www2.unife.it/forumcostituzionale/index.html
Jürgen
Habermas, Why Europe Needs a Constitution
http://www.newleftreview.net/NLR24501.shtml
Joseph H.H.
Weiler, The state "über alles". Demos, Telos and the
German Maastricht Decision ^
http://www.jeanmonnetprogram.org/papers/95/9506ind.html
Joseph H.H.
Weiler, The
Jurisprudence of Human Rights in The European
Union
http://www.jeanmonnetprogram.org/papers/96/9602.html
Francesca
Bignami, The
Administrative State in a Separation of Powers Constitution:
Lessons for European Community Rulemaking from the United
States
http://www.jeanmonnetprogram.org/papers/99/990501.html
Klaus von
Beyme, Fischers Griff
Nach Einer Europäischen Verfassung
http://www.jeanmonnetprogram.org/papers/00/00f0201.html
Joseph H.H.
Weiler, Federalism and
Constitutionalism: Europe's Sonderweg
http://www.jeanmonnetprogram.org/papers/00/001001.html
Philippe C.
Schmitter, What is
there to legitimize in the European Union... and how might this
be accomplished?
http://www.jeanmonnetprogram.org/papers/01/011401.html
The Jean Monnet
Working Papers
Nico De
Federicis