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aggiornamento 7 settembre 2002
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Domenico Venturelli (a cura di), Prospettive della morale kantiana, Aqui Terme, Editrice Impressioni Grafiche, 2001.
Nei giorni 11-13 ottobre 2000 ad Aqui Terme si è svolta la seconda edizione della Scuola di Alta Formazione in Filosofia dedicata al tema Prospettive della morale kantiana. Su questo argomento si sono confrontati alcuni studiosi italiani e il presente volume raccoglie i vari contributi proposti nell'incontro. Il testo, nel quale è possibile trovare molti riferimenti e spunti critici, propone una rilettura di alcuni momenti cruciali della riflessione morale kantiana sotto diverse angolature. Una dottrina morale che, come avverte il curatore del volume nella Premessa, vista nell'insieme, appare tanto rivoluzionaria nella sua impostazione, quanto radicale nei suoi esiti.
Il libro si apre con il saggio di Francesco Camera Obbligazione e dovere nel Kant precritico. La Preisschrift del 1762/64 (pp. 7-73). La tesi di fondo è che la riflessione morale kantiana non possa essere intesa come un movimento evolutivo lineare. Contro l'interpretazione di taluni studiosi ad esempio, quella di Josef Schmucker in Die Ursprüngliche der Ethik Kants , Camera ritiene poco convincente l'ipotesi secondo la quale già a partire dalla metà degli anni Sessanta Kant abbia individuato con chiarezza il principio supremo della moralità nella forma di un imperativo razionale normativo. Al contrario, lo sviluppo del suo pensiero lascia intravedere come la dottrina dell'obbligazione morale si muova all'interno di un ambito teoretico più ampio e articolato.
Altro tema di notevole valore speculativo della riflessione morale kantiana è quello del regno dei fini (Reich der Zwecke). Questa tematica viene affrontata nel secondo saggio di Alberto Pirni, Il regno dei fini e la sua prospettiva: intersoggettività morale, religiosa e giuridica in Kant (pp. 75-114). Il rilievo di tale nozione risiede nell'approfondimento che essa porta alla dimensione intersoggettiva della morale. L'esplicitazione dell'aspetto intersoggettivo consente di delineare la legge morale nella sua concretezza e comprensione. Il regno dei fini si configura infatti come la comunità di esseri ragionevoli posti in "collegamento sistematico" fra loro. In altri termini, si tratta di una totalità perfettamente organizzata e coerente al suo interno, di cui ogni essere ragionevole fa parte in quanto membro e fine in sé (als Zweck an sich selbst), coordinando le proprie azioni e i propri rapporti in base alla reciprocità implicita nella legge morale. Beatrice Centi è l'autrice dell'ampio saggio Valore e fine nella rappresentazione della legge (pp. 115-167). Come conferma chiaramente il sottotitolo del contributo, l'autrice cerca di determinare il concetto di ragione attraverso gli scritti kantiani dalla Fondazione della metafisica dei costumi fino alla Critica della ragion pratica. Ciò che emerge dalla lettura dei testi kantiani è che la ragione può pensare la necessità solo mediante la condizione. Quest'ultima però rinvia all'incondizionato, rispetto al quale la ragione intende regolarlo. Nello stesso tempo questa cerca di non lasciarsi trascinare verso di esso, in quanto annullerebbe il proprio esercizio di ragionare. Il che però non elimina il fatto che la ragione tenda incessantemente all'incondizionato. In questo senso, avverte l'autrice, la Fondazione si conclude nel segno dell'incondizionato, a dimostrazione che non possa esserci un fondamento che non sia anche un presupposto. La Critica del giudizio ripropone il problema dell'idea stessa di una Critica della ragion pratica, come progetto di accertamento di limiti e di possibilità, incentrato sulla capacità di estensione della ragione, sul suo primato e sulla sua capacità di postulare. Nel saggio Morale e teleologia in Kant (pp. 169-215), Gerardo Cunico richiama l'attenzione sul significato del momento teleologico in Kant. Esso va considerato non solo come momento essenziale della filosofia kantiana, ma anche come aspetto di rilievo per la sua prospettiva morale. La via qui suggerita è sostanzialmente polemica nei confronti di interpretazioni consolidate che contrappongono l'impostazione morale kantiana alla concezione teleologica della tradizione aristotelica. Di contro, l'autore ribadisce il rilievo della teleologia sia nella fondazione della morale kantiana, sia nella sua successiva applicazione rivolta soprattutto ai problemi della destinazione dell'uomo e della storia giuridico-politica. Si potrebbe così dire che orientamento morale, prospettiva finalistica e legittima apertura di speranza si intreccino sostenendosi l'un l'altro. Ognuna contribuendo a riattivare quell'unità della ragione e della visione razionale del mondo che rischia di essere lacerata dalla critica al sapere metafisico-speculativo, sia dalla antinomia della ragione pratica e della ragione teleologico-escatologica.
La questione della relazione morale e politica viene affrontata da Giuliano Marini nel saggio Figure di uomo politico tra sapienza e prudenza (pp. 217-233). Il saggio, come specifica il sottotitolo, svolge una attenta e puntuale riflessione sulla prima appendice al progetto kantiano per la pace perpetua. Come viene detto dall'autore, si tratta di pagine difficili, non sempre chiare, ma il loro argomento è importante: il rapporto tra morale e politica, che viene ricondotto a quello tra sapienza e prudenza. La morale è il regno della sapienza, la politica è il regno della prudenza, laddove la prudenza deve essere sottomessa alla sapienza, la politica alla morale.
A conclusione del volume troviamo il saggio di Domenico Venturelli Nietzsche e la morale kantiana (pp. 235-268), dedicato alla ricezione della morale kantiana nel pensiero di Nietzsche. La premessa della critica nicciana della morale socratico-platonica e cristiano-europea sta nella convinzione dell'impossibilità di pervenire a una conoscenza perfetta di se stessi. Eppure, nello spirito della filosofia kantiana, osserva Venturelli, il rifiuto nicciano di ogni pretesa di validità assoluta della morale deve pur essere sostenuto da qualcosa di extra-morale (l'istinto, la vita, la volontà di potenza). Comunque sia, va sottolineato come la "scuola del sospetto" e la "tecnica della diffidenza" non siano esclusive prerogative di Nietzsche. Anzi, sotto certi riguardi, queste sono ravvisabili anche in Kant, laddove si pone l'esigenza di epurare opinioni e valutazioni nello svolgimento della riflessione morale. Riprendendo l'istanza platonica, Kant ritiene che la fondazione dell'etica debba essere necessariamente preceduta e non seguita dalla "scuola del sospetto": l'assoluta purezza dell'elemento morale deriva solamente dall'analisi e dalla separazione degli elementi. Si tratta di un'operazione necessaria, se si intende individuare quel principio della moralità pura, che tuttavia nessun uomo può presumere di impersonare.
In conclusione, possiamo dire che molteplici sono i percorsi che legano tra loro i saggi che compongono il presente volume. La loro lettura suggerisce comunque una considerazione di fondo: più che al sapere, il vero si manifesta alla coscienza etico-religiosa. Il pensare autentico si configura come chiarificazione e interpretazione di quel vincolo il du sollst che lega ogni singolo alla trascendenza. |
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Il Bollettino telematico di filosofia politica è ospitato presso il Dipartimento di Scienze della politica della Facoltà di Scienze politiche dell'università di Pisa, e in mirror presso www.philosophica.org/bfp/ | ![]() ![]() A cura di: Brunella Casalini Emanuela Ceva Dino Costantini Nico De Federicis Corrado Del Bo' Francesca Di Donato Angelo Marocco Maria Chiara Pievatolo Progetto web di Maria Chiara Pievatolo Periodico elettronico codice ISSN 1591-4305 Inizio pubblicazione on line: 2000 ![]() ![]() |
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