Bollettino telematico di filosofia politica
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Ultimo aggiornamento 18 maggio 2003

Richard Stallman

Biopirati o biocorsari?

Traduzione dall'originale inglese di Francesca Di Donato

Per decenni, sono stati scoperti nuovi farmaci in animali e piante esotiche. Anche i geni di specie e sottospecie rare, grazie all'ingegneria genetica o all'ibridazione ordinaria, permettono di produrre nuove specie. Oggi di norma sia le specie sia i farmaci sono sottoposti a brevetto; e ciò mette in difficoltà i paesi in via di sviluppo che potrebbero farne uso.

I monopoli dei brevetti sulle varietà di piante e di animali, sui geni e sulle nuove medicine, minacciano di danneggiare i paesi in via di sviluppo in tre modi. In primo luogo, alzando i prezzi al punto da rendere inaccessibili queste innovazioni alla maggior parte dei cittadini; in secondo luogo, bloccando la produzione locale in base alla volontà del proprietario del brevetto; in terzo luogo, per le varietà agricole, vietando ai contadini di continuare a coltivarle come hanno fatto per migliaia di anni.

Proprio come gli Stati Uniti, che nel XIX secolo erano un paese in via di sviluppo, si sono rifiutati di accettare i brevetti riconosciuti dalla progredita Gran Bretagna, oggi i paesi in via di sviluppo hanno bisogno di difendere l'interesse dei loro cittadini proteggendoli da tali brevetti. Per evitare i problemi causati dai monopoli, non istituiamoli. Che cosa può esserci di più semplice?

Ma per far questo i paesi in via di sviluppo hanno bisogno del sostegno dell'opinione pubblica mondiale. Il che significa andare contro un punto di vista che le imprese sostengono con forza, cioè che investire in biotecnologia autorizzi a creare monopoli senza preoccuparsi dei loro effetti su tutti gli altri. E significa opporsi ai trattati che queste imprese hanno persuaso gli Stati Uniti a imporre alla maggior parte del mondo tramite minacce di guerra economica.

Non è facile sfidare un'idea sostenuta da così tanti soldi. Così alcuni hanno proposto, come impostazione alternativa, il concetto di "biopirateria". Invece di opporsi all'esistenza di monopoli biologici, questa impostazione aspira a dare al resto del mondo una porzione del profitto ricavato da essi. La loro tesi è che le imprese di biotecnologia commettono una "biopirateria" costruendo il loro lavoro sulle varietà naturali o sui geni umani scoperti nei paesi in via di sviluppo o tra popolazioni indigene --e perciò, per farlo, dovrebbero pagare delle royalties.

Il termine di "biopirateria" a prima è vista accattivante, poiché trae profitto della tendenza attuale verso poteri monopolistici sempre più numerosi ed estesi. Va con la corrente, non contro. Ma non risolverà il problema, perché la difficoltà nasce dalla tendenza che questo concetto legittima e che manca di criticare.

Le varietà e i geni utili non vengono scoperti dappertutto o con distribuzione uniforme. Alcuni paesi in via di sviluppo e alcune popolazioni indigene avranno fortuna, e per mezzo di tale sistema riceveranno, almeno per i venti anni della durata di un brevetto, finanziamenti consistenti; pochi potranno diventare tanto ricchi da causare sconvolgimenti culturali --cui segue la seconda puntata della storia, quando la ricchezza finisce. Da tale sistema, nel frattempo, la maggior parte di questi paesi e di queste popolazioni riceveranno poco o niente. Le royalties della "biopirateria", come il sistema dei brevetti in sé, si tradurranno in una sorta di lotteria.

Il concetto di "biopirateria" presuppone un diritto naturale alla proprietà di varietà naturali (di piante ed animali) e dei geni umani. Se accettiamo questo assunto, sarà difficile contestare che le imprese di biotecnologia hanno un diritto naturale alla proprietà di una varietà artificiale, gene o farmaco che sia, e dunque negare la pretesa degli investitori in merito al controllo totale e mondiale sull'utilizzo di tale varietà.

L'idea di "biopirateria" offre alle multinazionali e ai governi che lavorano per loro un modo facile per consolidare per sempre il loro regime di monopolio. Mostrandosi magnanime, possono concedere una piccola parte dei loro introiti a poche fortunate popolazioni indigene; e da quel momento in poi, qualora qualcuno chieda se i brevetti sulla vita siano una buona idea, possono rispondere citando questi indigeni insieme al mito dell' "inventore squattrinato e geniale" e così dissimulare la questione del saccheggio degli oppressi. (Al giorno d'oggi questo è un modo di comportarsi molto diffuso nel mondo degli affari. Le lobbies dell' "industria musicale", ad esempio, hanno incrementato i poteri del copyright in nome dei musicisti, che amano chiamare "creatori", mentre danno loro solo il 4% dell'entrata totale).

Ciò di cui i popoli del mondo non sviluppato hanno realmente bisogno per la loro agricoltura e la loro medicina è essere liberati da tutti questi monopoli. Devono essere liberi di produrre medicinali senza dover pagare le royalties alle multinazionali. Devono crescere e riprodurre ogni genere di piante e di animali per l'agricoltura; e se decidono di fare ricorso all'ingegneria genetica, devono essere liberi di commissionare le modifiche genetiche in grado di soddisfare le loro necessità. Un biglietto della lotteria per condividere le royalties su qualche varietà e qualche gene non compensa la perdita di queste libertà.

È certamente ingiusto che le imprese di biotecnologia trasformino le risorse genetiche naturali del mondo in monopoli privati --tuttavia l'ingiustizia non consiste nell'appropriazione della legittima proprietà di qualcun'altro, ma nel privatizzare beni che dovrebbero essere pubblici. Queste imprese non sono biopirati: sono biocorsari.


Copyright (C) 1997, 1999, 2000, 2001 Richard Stallman
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Il Bollettino telematico di filosofia politica è ospitato presso il Dipartimento di Scienze della politica della Facoltà di Scienze politiche dell'università di Pisa, e in mirror presso www.philosophica.org/bfp/



A cura di:
Brunella Casalini
Emanuela Ceva
Dino Costantini
Nico De Federicis
Corrado Del Bo'
Francesca Di Donato
Angelo Marocco
Maria Chiara Pievatolo

Progetto web
di Maria Chiara Pievatolo


Periodico elettronico
codice ISSN 1591-4305
Inizio pubblicazione on line:
2000



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