Bollettino telematico di filosofia politica
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Ultimo aggiornamento 1 settembre 2003

Angelo Marocco

Comunicazione scientifica e modello multicanale


Difficoltà e interrogativi nell'editoria scientifica

È difficile oggi ignorare la diffusa insoddisfazione della comunità di ricerca e in genere del mondo accademico nei confronti dei modelli tradizionali della comunicazione scientifica (scholarly communication). I diversi attori coinvolti nel processo di produzione e diffusione di tale comunicazione – ricercatori, docenti, editori e bibliotecari – avvertono sempre più l'inadeguatezza del sistema attuale di informazione tra studiosi.
Quali sono le ragioni dell'insoddisfazione? La risposta a questa domanda è difficile a darsi. Si può interpretare questa crisi come un fenomeno legato al fatto che, riprendendo un'espressione di Pierre Lévy, siamo entrati nell'età del noolitico, neologismo formato dalla radice greca noûs, mente, e lithos, pietra, dove la “pietra del sapere” è il silicio dei semiconduttori e delle fibre ottiche. Il progresso delle conoscenze esatte è divenuto principale fattore di trasformazione del lavoro, dei modi di vita e comunicazione di fronte al quale le tradizionali categorie socio-politiche ereditate dalla civiltà industriale appaiono inadeguate (M. Authier - P. Lévy, Gli alberi di conoscenze).

Non vi è dubbio che la rivoluzione telematica di fine millennio abbia ridisegnato un nuovo scenario nell'assetto dei mezzi di informazione in campo scientifico. I risultati delle investigazioni non sono pubblicati soltanto su carta stampata, ma sempre più sono diffusi elettronicamente mediante reti telematiche e supporti digitali. Si tratta di cambiamenti radicali che interessano non solo l'organizzazione delle aziende editoriali, ma che coinvolgono l'intera produzione scientifica.
Ciò ha posto in questione e resa controversa la stessa comunicazione scientifica tradizionale, spingendo taluni a dichiarare addirittura della sua fine (K. Arnold, The scholarly monograph is dead). In effetti, condizione irrinunciabile del sapere scientifico risiede nel suo essere “conoscenza pubblica”, nella misura in cui richiede da parte della comunità di studiosi la certificazione e condivisione dei risultati. In questa ottica di scienza intesa come “sapere pubblico” o “patrimonio collettivo”, il ruolo della comunicazione non è affatto marginale nell'attività di ricerca, anzi, essa diviene un elemento essenziale, poiché rivolto a dare piena attuazione alle attività di diffusione e pubblicizzazione del sapere. Sotto certi riguardi, si può affermare che le scoperte scientifiche non possono essere considerate conoscenza scientifica a pieno titolo fintantoché non sono state esposte e certificate in modo definitivo.

Si deve invece riconoscere come troppo spesso la diffusione editoriale convenzionale è legata a regole commerciali e alla variazione delle strategie distributive, che non vengono incontro all'esigenza degli studiosi di una vasta, capillare e accessibile ricezione dei risultati della ricerca.
Altrettanto indispensabile per la comunità scientifica è che i sistemi di comunicazione siano quanto più rapidi ed efficaci. È necessario che le informazioni siano diffuse il più celermente possibile al fine di evitare la perdita del loro valore epistemologico. Non si può certo dire che i modelli del circuito comunicativo scientifico – libri e riviste – siano oggi adeguati alle rinnovate esigenze della comunità di ricerca. I periodici su supporto a stampa in particolare, a cui in gran parte sono affidati i risultati delle ricerche, presentano tempi eccessivamente lunghi, determinati da lentezze editoriali o nella spedizione, oltre che dalle opportune esigenze di filtro scientifico.
A ciò si aggiunge un altro fattore, volto a rendere ancora più critico il rapporto tra la comunità degli studiosi e il periodico, strumento di diffusione scientifica per eccellenza. Mi riferisco al progressivo aumento dei suoi costi. Negli ultimi anni si è assistito ad una notevole crescita nel numero delle testate. Si tratta per lo più di riviste a bassissima tiratura, ma dai costi elevati, nate soprattutto per soddisfare il bisogno degli studiosi di pubblicare, in ossequio alla legge vigente nel mondo accademico: to publish or to perish. I costi di tali riviste sono pertanto aumentati, con inevitabili problemi d'acquisizione e di mantenimento da parte delle biblioteche e i centri documentari. Il risultato è che questi sono costretti a tagli negli abbonamenti e gli editori rispondono con nuovi rincari nel prezzo.
In Italia, detto incidentalmente, la situazione è resa ancora più incerta in virtù del finanziamento pubblico dell'editoria privata. Il che ha determinato sia la diffusione della cosiddetta vanity press, vale a dire pubblicazioni concorsuali od occasionali, sia la mancanza d'investimenti per l'innovazione tecnologica di tali imprese editoriali, in ragione delle piccole dimensioni che caratterizzano gli editori italiani a fronte dei grandi investimenti necessari per approntare un servizio d'accesso in linea alle pubblicazioni elettroniche.


Nuove realtà e possibili soluzioni

L'attuale fase di trasformazione pone la necessità di ripensare nuove dimensioni della comunicazione scientifica, per indirizzare la comunicazione di là dai limiti imposti dall'editoria tradizionale. Nella comunità scientifica sussiste la convinzione crescente che le tecnologie informatiche saranno molto presto in grado di offrire nuove soluzioni alle esigenze di andare oltre i tradizionali canali di distribuzione editoriale e di contenimento dei costi. Si è assistito così ad un progressivo passaggio verso forme non cartacee di pubblicazione, le quali con il diffondersi di Internet sembrano aver trovato una definitiva consacrazione.
Molti credono che oramai sia necessaria una maniera radicalmente diversa di intendere la comunicazione scientifica. Persuasi dell'utilità dei diversi strumenti che la rete mette a disposizione, si ritiene, infatti, che solo abbandonando le vecchie abitudini “papirocentriche” (papyrocentric attitudes) e trasferendo interamente su Internet gli esiti della ricerca (scholarly skywriting) si possano risolvere i problemi relativi ai costi sempre crescenti e all'insufficiente velocità di diffusione dei testi a stampa (D. Brent, Stevan Harnad's “subversive proposal”).

È difficile sapere se la comunicazione scientifica va proprio in tale direzione. Indubbiamente comprensibili sono le ragioni di questa esigenza di utilizzare con efficacia gli strumenti della rete e di riprendere il controllo della comunicazione scientifica, sottraendo agli editori commerciali il predominio sull'editoria specializzata (S. Bachrach [et al.], Who should own scientific papers?). Non si va, infatti, molto lontano dal vero quando si afferma che negli ultimi anni si è assistito ad un processo di vera e propria concentrazione editoriale, che ha consentito a pochi editori internazionali di detenere la quasi totalità della produzione scientifica (M. Santoro, Pubblicazioni cartacee e pubblicazioni digitali).
Tutto ci fa pensare che siamo alle soglie di un’esplosione dell'editoria elettronica. Eppure le difficoltà nel realizzare su solide basi l'informazione scientifica in rete restano piuttosto rilevanti. Innanzitutto, devono essere sottolineati i numerosi interrogativi rimasti aperti relativi alle modificazioni che negli anni a venire potranno subire la rete, con la conseguente messa in discussione di presupposti che oggi paiono consolidati. Inoltre, va rilevato come, nonostante gli indubbi progressi degli ultimi anni, non sia ancora sufficientemente diffusa nel mondo accademico la sensibilità alle pubblicazioni online (L. Langston, Scholarly Communication and Electronic Publication).

Il nostro atteggiamento è piuttosto ispirato a fiducia e al tempo stesso a cautela. La mia impressione è che il libro sia tuttora insostituibile. Di fatto è utopistico pensare, allo stato attuale delle cose, che i vecchi e cari libri, da sempre veicolo del sapere nella sua forma più solida e definita, potranno mai essere pienamente convertiti all'elettronica. Forse le nuove generazioni, in grado di usare il computer ancora prima di imparare a leggere e scrivere, la penseranno diversamente. Oggi però persistono – e non senza motivo – ancora perplessità nel sostituire del tutto il foglio scritto con l'elettronica.
In questo quadro, l'innovazione maggiore a cui bisogna guardare con interesse, a mio avviso, sta nella cosiddetta “multicanalità”. All'apparenza, sembra di essere dinanzi ad uno di quei termini un po' enfatici e ambiziosi, chiamati a designare processi destinati a molti largamente incomprensibili. Con questo termine occorrerà invece familiarizzare e, alla fine, adottarlo come patrimonio comune, perché anche questo termine è in qualche modo indicativo della svolta dell'attività editoriale, almeno nell'ambito scientifico.

La “multicanalità” sembra essere il nuovo orizzonte del processo organizzativo della comunicazione scientifica. Si tratta di una scommessa forte e impegnativa. È un progetto innovativo: produrre contenuti per due canali – la stampa e l'online – impiegando sistemi sempre più integrati e flussi di lavoro interamente digitali, vale a dire automatizzati nel campo editoriale.
Si tratta di un progetto tutt'altro che irrealizzabile, anzi è una realtà tecnica che sta trovando sempre più applicazione. In particolare, l'impiego della stampa digitale permette di realizzare libri a bassa tiratura. Con la tecnica digitale la lavorazione è notevolmente accelerata: dal documento informatico si giunge direttamente alla stampa, evitando la realizzazione di pellicole, lastre e avviamenti di macchina, come nel tradizionale sistema offset, tutti passaggi che fanno inevitabilmente lievitare i costi.
I principali obiettivi che s'intendono perseguire con la proposta “multicanale” è quella di continuare a commercializzare il libro, ma nel contempo di rendere liberamente accessibile, tramite la rete, l'informazione che esso contiene per usi educativi e in ogni caso non commerciali (open access to knowledge). È questa la filosofia di fondo della “multicanalità”, la quale dovrebbe consentire di superare i possibili conflitti tra editoria tradizionale (a print-publishing model) e quella elettronica (an online-publishing model), valorizzando il loro apporto differenziato.

Occorre, in altre parole, saper cogliere nell'editoria convenzionale e in quella elettronica due tendenze complementari, forse oggi perfino reciprocamente indispensabili l'una all'altra. In ragione della sua condizione bimediale, a mio avviso, la “multicanalità” può oggi costituire uno strumento di diffusione delle conoscenze più flessibile rispetto a quello tradizionale affidato esclusivamente alla stampa. A partire dal modello multicanale, inoltre, l’editoria accademica può riappropriarsi di molte funzioni di gestione e di controllo che sono sempre state svolte per conto della comunità scientifica dalle case editrici. Queste ultime non scomparirebbero, ma, di fatto, si verrebbe a delineare un nuovo ruolo (K. Wittenberg, A New Model for Scholarly Publishing). Il modello multicanale, in conclusione, può effettivamente dare risposte alle rinnovate esigenze della comunità scientifica, contando sia su una molteplicità di tecnologie, sia su interessanti alternative ai modelli commerciali delle case editrici, facilitando le pubblicazioni scientifiche, velocizzando i processi editoriali, allargando soprattutto in modo straordinario l'orizzonte comunicativo.


Riferimenti in rete

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codice ISSN 1591-4305
Inizio pubblicazione on line:
2000



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